giovedì 15 settembre 2011

Sandro Montalto di Carina Spurio



Sandro Montalto

Intervista di Carina Spurio


Lei è Direttore Editoriale delle Edizioni Joker e dirige svariate riviste culturali e letterarie. In che modo inizia il suo percorso dedicato alla cultura?

Per caso, come spesso succede. Fin da piccolo leggo e scrivo, interessandomi di materie letterarie, artistiche e scientifiche (mi disturbano certi steccati di comodo!). Sinceramente non ricordo i particolari, posso dire che a un certo punto (era il 1995, avevo circa 17 anni) ho iniziato a frequentare incontri, presentazioni e convegni. La mia prima sensazione, peraltro la stessa che ho adesso, è stata quella di uno spettacolo osceno basato sulle reciproche convenienze e su un pollaio di Ego insopprimibili; tutti parlavano di sé, manifestavano scarsa curiosità verso il prossimo e una preparazione spesso approssimativa (e se lo capivo io, che stavo studiando musica e chimica …). Ho isolato le pochissime persone che mi andavano a genio (innanzitutto Roberto Bertoldo, uno scrittore, critico e filosofo che ammiro e la cui lettura suggerisco a tutti), ho iniziato a discutere con loro capendo che molti erano opportunisti (cercavano il giovane da far entrare nella loro “scuola”) e, a seguito di ulteriori scremature, ho iniziato a formarmi scrivendo moltissime recensioni, poi sono iniziate le richieste di prefazioni, di collaborazioni fisse a riviste e a qualche giornale, etc. Ora la maggior parte di quelle persone, con le quali spesso ho fatto litigate anche pubbliche (non mi sopportavano, e non mi sopportano, perché non ero riconducibile a consorterie con le quali fare qualche affare, e dunque ero libero di dire ciò che pensavo, giusto o sbagliato che fosse), si sono perse, siccome senza un gruppo alle spalle la loro vacuità è stata smascherata; altri si sono fatti la lotta fino a soccombere tutti siccome lottavano solo per un posto; altri hanno fatto carriera con l’appoggio della politica. Rimane un gruppo ristrettissimo di autori, anche giovani, che sta facendo una onesta carriera nei giornali, nell’editoria o nell’università. Altri, molti, scrivono con modestia e per necessità la sera, dopo aver magari venduto il pesce o programmato computer tutto il giorno.

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Fa parte della giuria di alcuni premi letterari …

Ho partecipato a molte giurie e alcuni premi li ho co-fondati, o almeno ispirati. Ma non ho mai resistito più di una edizione, siccome ho sempre trovato delle zone poco chiare che ho denunciato. E’ il motivo per cui, non avendo in questi casi prove da esibire, ho preferito limitarmi a lasciare l’incarico – o a lasciarmi allontanare – senza più nominare quei premi. L’unico premio che amo, al momento, e del quale sono oltre che giurato anche co-fondatore e direttore tecnico, nel quale mi trovo benissimo e che dopo due sole edizioni ha già prodotto libri, molti rapporti, incontri etc. è il premio “Torino in Sintesi” dedicato all’aforisma, nato anche e soprattutto grazie alla generosità della Presidente Anna Antolisei. Da esso sta anche scaturendo l’Associazione Italiana per l’Aforisma, che stiamo fondando ufficialmente in questi giorni.

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Oltre ad essere editore lei è anche autore. Ha pubblicato svariati volumi tra i quali saggi sulla poesia contemporanea, aforismi e prosa. Tra le mie mani: L’eclissi della chimera (Edizioni Joker 2005), Crolli emotivi (Lietocolle, Fallopio 2006), Esequie del tempo (Manni, 2006), Monologhi di coppia (Edizioni Joker, 2010). Una breve descrizione per ogni testo?

Mi permetto di correggerla. Io sono un autore, innanzitutto ed essenzialmente; in seconda battuta, per amore della letteratura e per cercare di far emergere una serie di autori bravi senza appoggi, mi sono dedicato alla critica e poi all’editoria. Lavori, peraltro, ingrati, siccome mi sono accorto che agli autori troppo spesso interessa più la grandezza del nome in copertina che non una cura scrupolosa del testo, oppure, in una recensione, preferiscono toni entusiastici a disamine serie ed approfondite. Ecco perché su critica ed editoria oggi mi sto interrogando.
Ho pubblicato fino ad ora 16 libri, e non voglio rubare troppo spazio. In sintesi ho pubblicato tre raccolte di versi intitolate Scribacchino (2000), Esequie del tempo (2006) e Il segno del labirinto (2011). Credo che insieme diano una immagine fedele e abbastanza completa del mio essere poeta. Infatti, si rimpallano molte dei miei nodi fondamentali, risolti e irrisolti, ma con tre toni diversi: nel primo libro andamenti più sperimentali e polemici, nel secondo andamenti più solenni in una forma che tenta di indagare la possibilità del poema oggi, e nel terzo un linguaggio certo aspro, molte volte, ma nel complesso più intimo, lirico, persino quotidiano. Tra l’altro, tutti questi testi sono nati negli stessi anni.
C’è poi il lavoro sugli aforismi (unico libro per ora pubblicato L’eclissi della chimera, 2005), sul teatro (unici lavori per ora pubblicati Monologhi di coppia, 2010, che ha esordito nel 2008 al Piccolo di Milano, e la farsa Ubu furioso, uscito come libro d’arte presso il Collage de ‘Pataphysique di cui sono Reggente; ma molti altri testi stanno girando attualmente per diverse compagnie), più un libro strano, che temevo ed invece è piaciuto abbastanza, costantemente pencolante tra disperazione e comicità: Crolli emotivi (citerei la nuova edizione del 2010).
C’è poi il lavoro critico, sia sul versante della poesia contemporanea (finora raccolto in tre volumi: Compendio di eresia del 2004, e i due volumi Forme concrete della poesia contemporanea e Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea, entrambi del 2008), sia su altri versanti, concretizzato in libri su Umberto Eco, su Edoardo Sanguineti (curato con Tania Lorandi), e due volumi su Samuel Beckett. Ci sono poi plaquette artistiche, antologie di poeti e aforisti e altro, ma il succo è questo.

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Scrive anche di musica, cinema ed enigmistica su riviste specializzate, oltre a dedicarsi all’attività di compositore …

Sì. Come detto non amo gli steccati, che spesso servono a giustificare pigrizia, mancanza di curiosità o ignoranza. Certo io vorrei sapere tutto della matematica, o della chimica, mentre so pochissimo; però appena posso leggo i molti testi di divulgazione scientifica che oggi esistono, fortunatamente spesso fatti molto bene. Uno scrittore non deve precludersi esperienze, purché siano vissute nel profondo e non come infarinature. Lo stesso cerco di fare con l’arte, anche se è purtroppo territorio di parolai e pennivendoli, mondo nel quale ho anche presentato e sostenuto alcuni autori (due nomi tra i tanti Daniela Rizzo e Nadia Boneccher Azzoni). Idem, anche se mi ci sono dedicato poco, per quanto riguarda il cinema (uno dei miei libri è una lettura parallela di Beckett e Buster Keaton, il vero genio del muto), e l’enigmistica/ludolinguistica, amore concretizzatosi in diverse collaborazioni e nella fondazione di una delle riviste che dirigo, intitolata «Cortocircuito». Penso che, in un certo senso, una grande poesia e la pubblicità di uno yogurt, o una dichiarazione d’amore e una di guerra, siano solo diverse combinazioni di lettere, dunque spesso un anagramma ha da insegnarci quanto un distico ritenuto immortale.
La musica invece la studio fin da quando ero bambino, e mi dedico a insegnare un po’, a dirigere alcuni cori e a comporre (con una lentezza e una flagellazione autocritica che definirei esasperanti!).

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Qual è la sua posizione nei confronti dell’ormai controversa questione dell’editoria a pagamento?

In questi anni ho accertato che la quasi totalità degli editori che dice di non far pagare gli autori, invece, lo fa. Lo stesso vale per gli autori che dicono di non averlo mai fatto. Trovo che la cosa non sia controversa, ma solo strumentalizzata. Come ho detto prima non faccio l’editore strictu sensu e me ne infischio di statistiche, marketing etc. Peraltro, mi permetta, io non faccio l’editore bensì il direttore editoriale; penso alla qualità del testi, non al denaro che entra o esce, non mi riguarda. Però ci sono leggi del mercato insopprimibili: poniamo che lei mi proponga un libro di poesia e sa benissimo che venderà 20 copie, e magari mi dice che non ne vuole copie perché non interessa neanche a sua madre (la cosa mi è successa). Ebbene, se lei fosse un editore sosterrebbe per intero le spese? Non credo proprio, a meno di fare 5 libri all’anno, cosa che alcuni fanno … ma senza fare editoria, ossia senza fare libri che abbiano una casa e una visibilità. Dovere dell’editore è aiutare l’autore fornendo un reale servizio di editing, cura grafica, stampa accurata, distribuzione e promozione (tutte voci di spesa che gli autori nemmeno si sognano!), in cambio di un aiuto in termini di acquisto-copie che deve essere ragionevole. Peraltro un autore di copie ha bisogno, no? Poi, certo, c’è sempre qualcuno che non capisce nulla e parla: io ho avuto un autore che mi ha dato dell’incapace perché a un mese dall’uscita del suo libro di poesie il «Corriere della sera» non lo aveva ancora recensito (!), e un altro che aveva firmato per la pubblicazione delle sue poesie in 600 copie, poi voleva citarci perché aveva capito 6000 (!!). Questi non solo non sanno come funzionano i giornali (peraltro poco dopo il Corriere ha parlato di due nostri libri) e quanto tirano Einaudi o Mondadori nelle collane di poesia, cosa grave fino a un certo punto, ma soprattutto, cosa inaccettabile, si credono gli unici al mondo ad avere diritto al 100% delle risorse e delle energie.
Naturalmente, però, un editore anche piccolo deve investire, e noi lo facciamo pubblicando libri molto buoni di poeti in situazioni particolari o giovanissimi, e soprattutto saggi (alcuni dei quali stanno avendo decisamente una buona sorte); per non parlare delle nostre riviste nel quale non devi abbonarti per essere pubblicato, contrariamente a ciò che fanno colleghi anche … illustri.

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In qualità di direttore editoriale, pensa sia ancora possibile puntare a una riscoperta del valore dei contenuti invece che seguire mode e costumi …

In parte ho già risposto. Posso aggiungere che i grandi editori pubblicano un sacco di immondizia, ma sono enormi baracche che spesso costano milioni di euro, danno lavoro a molte persone, ed è comprensibile che debbano tirare avanti. Vorrei solo che distinguessero le diverse cose che pubblicano, dando a tutte la necessaria visibilità. Se voglio Liala, o Camus, devo poterli reperire con uguale facilità, ma anche capire esattamente cosa sto comprando se non conosco i due autori. Se poi questi editori vogliono o devono pubblicare robaccia per fare cassa lo facciano, questo li differenzia da noi; però allo stesso tempo non mandino fuori catalogo ogni anno decine di testi fondamentali come avviene sempre più spesso (anche nel mercato dei dischi, peraltro).

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Attualmente, l’economia attraversa un momento difficile, la carta stampata è in crisi, mentre l’editoria si confronta con le nuove sfide tecnologiche: iPad, smartphone e tablet. Il mercato si evolve, si plasma e con esso gli editori che devono rispondere alla necessità di trasformare i progetti cartacei …

Qualcuno diceva che il “momento di crisi” è la condizione perpetua dell’uomo. Tutti gli allarmismi mi spaventano poco (lavoro in una biblioteca, e so bene che la gente non è vero che non legga, piuttosto compra poco per via dei prezzi folli dei libri), compresi quelli a sfondo elettronico. Penso che le tecnologie non soppianteranno mai il libro (che è uno di quegli oggetti definiti modificabili ma “non migliorabili”, come il cucchiaio), così come penso che gli oggetti non hanno colpe né meriti. Ad esempio avere in formato elettronico gazzette, giornali, manuali che invecchiano subito etc. sarebbe un favore fatto all’ecologia. Ma quando sento che la gente legge meno per colpa della televisione o di internet mi viene l’orticaria: non sarà colpa dell’incapacità di genitori e insegnanti, piuttosto? O dell’abdicazione di critici e intellettuali?

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Quali caratteristiche deve avere un testo per sedurla?

Come detto io faccio una editoria di nicchia, quindi pubblichiamo pochi romanzi e racconti. Ma quei pochi li ho pubblicati per le intrinseche qualità della scrittura, a volte davvero sorprendenti, al di là dell’argomento: abbiamo pubblicato romanzi storici, fantasy (senza tutte le caratteristiche dei fantasy soliti, a mio giudizio noiosissimi e banali), d’amore etc. In qualche caso sono libri che hanno anche venduto un numero di copie decisamente apprezzabile per i nostri livelli. Credo che occorra investire in qualità, e la qualità è data dalla bellezza della scrittura.

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Il titolo e la copertina sono elementi di una strategia di vendita?

Sono un bel gioco, se possibile da giocare con l’autore, ma pensare che siano fondamentali significa arrendersi al mercato più becero (e, comunque, fallire).

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Difendere la cultura nell’Italia di oggi è una sfida o una passione?

Ambedue: la passione, quasi l’unico motore della vita degna di essere vissuta con tutte le sue fatiche e noie, è una sfida alla quotidianità. E’ l’unico modo per investire non solo sul domani, ma anche (e spesso ci vuole più coraggio!) nell’oggi.

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In un presente schizofrenico che impone nuovi canoni di originalità, come vede il futuro dei nuovi talenti?

I canoni basta non farseli imporre. Troppo comodo fare le vittime. Domani come ieri ce la faranno i talenti che cercheranno in sé la propria forza, e non inseguiranno né tradizione né innovazione se si tratta di strategie a tavolino. Puoi avere anche un buon successo, che però dura 5 anni e poi scompari. Bisogna scegliere, io ho fatto le mie scelte e non giudico nessuno da questo punto di vista. Siccome se sono antipatici quelli che inseguono il successo facile, non sono da meno quelli che se ne stanno rintanati e attribuiscono il loro essere sconosciuti a non ben comprensibili complotti.

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Quali sono stati gli autori che l’anno influenzata - ispirata?

I più diversi. Come ogni elenco, il mio sarà parziale e figlio del momento. Limitandomi ovviamente agli scrittori (spesso idee interessanti in campo letterario mi sono venute da un musicista, ad esempio) citerei almeno Borges, Cioran, Beckett, Queneau, Camus, Canetti, Manganelli, Savinio, Dostoevskij… Senza contare la grande tradizione degli umoristi: Swift, Wilde, Jerome, Woodehouse, un certo Campanile, Mosca, Allen, o certi autori anche televisivi come Vianello e Marchesi, o Bergonzoni, o anche umoristi oggi un po’ dimenticati come Carlo Manzoni. E Kafka? Ma ricorda che Kafka leggeva Il processo la sera ai suoi amici, e tutti insieme si facevano delle matte risate?

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Cos’è per lei scrivere; catarsi, momento di riflessione, piacere, narcisismo, ribellione, o altro?

Essenzialmente un esercizio, anche faticoso perché necessita di grande precisione e costanza. Non ho mai creduto all’ispirazione, credo che avesse ragione Edison secondo il quale il genio è 10% ispirazione e 90% traspirazione. Ma un esercizio che non deve essere sterile, a tavolino: piuttosto una sfida fisica, come camminare sulla corda o battere il proprio record di marcia, necessario per concretizzare e dunque capire, guardandoli anche da fuori, gli snodi del nostro essere al mondo. Un esserci che, e questo gli artisti ancora non l’hanno ben capito, è simultaneamente fisico, filosofico, psichico, biologico, civile, storico, chimico, etc. In questo preciso senso credo che la complessità del vivere sia stimolante, ma anche un muro contro il quale dobbiamo necessariamente sbattere ogni giorno.

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Le capita mai di litigare con se stesso?

Sì, ma poi mi calmo andando a fare due passi con un altro me stesso ancora.

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Cosa sta scrivendo attualmente?

Un secondo libro di aforismi, alcune poesie (in particolare sto finendo una raccolta di quartine alla quale tengo molto), alcuni testi teatrali, alcune musiche. Oltre ad alcuni saggi su scrittori, registi e pittori, che spero di poter raccogliere con altri usciti in questi anni in un volume unitario.

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Nasce a Biella. Che tipo di rapporto ha con la sua terra?

Nessuno in particolare: ci sono nato, ci vivo, ci lavoro entrando a contatto con molte persone spesso interessanti (faccio il bibliotecario, come ho detto), ma per varie ragioni praticamente tutto ciò che ho fatto di interessante l’ho fatto fuori dalla mia città. Inoltre vengo da una famiglia che non è radicata qui ma ci arriva da diverse regioni italiane.



SANDRO MONTALTO è Direttore Editoriale delle Edizioni Joker (
www.edizionijoker.com), presso le quali cura in prima persona collane di saggistica, poesia, aforismi e teatro.

Dirige le riviste «La clessidra» (rivista di cultura letteraria) e «Cortocircuito» (semestrale di cultura ludica).

È redattore delle riviste letterarie «Il Segnale» e «Poetry Wave» e consulente per l’Italia della rivista internazionale «Hebenon». Svolge inoltre attività critica su molte altre riviste nazionali e internazionali, tra le quali «Poesia», «Testuale», «Atelier», «Téchne», «Clandestino», «Cultura & Libri», «Bloc notes», «Confini», «Testo», «LN», «La Battana», «Pòiesis», «Pagine», «Alla bottega», «Punto d’incontro», «Golem», «Il Cittadino» e «Poiein»; scrive inoltre su volumi collettanei e su alcuni giornali («Corriere di Como», «Il Domenicale», etc.).

Fa parte della giuria di alcuni premi letterari, ed è giurato e direttore tecnico del premio internazionale di aforistica “Torino in sintesi”.

Queste le sue pubblicazioni in volume:

· Scribacchino, Joker, Novi Ligure 2000 (poesia)
· Compendio di eresia, Joker, Novi Ligure 2004 (saggi sulla poesia contemporanea)
· L’eclissi della chimera, Joker, Novi Ligure 2005 (aforismi)
· Pause nel silenzio, Signum, Bollate 2006 (poesia)
· Crolli emotivi, Lietocolle, Faloppio 2006 (prose; nuova edizione riveduta e accresciuta Cento Autori, Villaricca NA 2010)
· Esequie del tempo, Manni, Lecce 2006 (poesia)
· Beckett e Keaton: il comico e l’angoscia di esistere, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2006, con una nota di Paolo Bertinetti (saggio; in corso di stampa negli Stati Uniti)
· Forme concrete della poesia contemporanea, Joker, Novi Ligure 2008 (saggi sulla poesia contemporanea)
· Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea, Joker, Novi Ligure 2008 (saggi sulla poesia contemporanea)
· Monologhi di coppia, Joker, Novi Ligure 2010, con prefazione di Paolo Bosisio (teatro)
· Un grosso apostrofo (FUOCOfuochino, Viadana 2010) (prose)
· Lentinsetti Pulcinoelefante, Osnago 2011 (con disegno di Tania Lorandi) (poesia)
· Ubu furioso, Edizioni del “Collage de ‘Pataphysique”, Sovere (BG) 2011 (con illustrazioni di Marco Baj) (teatro)
· Il segno del labirinto, Edizioni La Vita Felice, Milano 2011 (poesia)

Ha curato molti volumi, tra i quali Umberto Eco: l’uomo che sapeva troppo (ETS, Pisa 2009), Fallire ancora, fallire meglio. Percorsi nell’opera di Samuel Beckett (Joker, Novi Ligure 2009) e Temperamento Sanguineti (libro + DVD; Joker, Novi Ligure 2011; con Tania Lorandi).

Ha scritto alcuni testi teatrali. Ha vinto premi per la poesia, per la critica e per il teatro (Premio “Ernesto Calindri” 2008, con la commedia Monologhi di coppia rappresentata nel dicembre 2008 al Piccolo Teatro “Giorgio Strehler” di Milano.

Come musicista, dopo aver studiato pianoforte per molti anni, al momento studia Strumentazione per Banda presso il Conservatorio di Torino, e studia Direzione di Coro e Composizione privatamente. Dirige il coro “100% misto” di Biella. Ha composto musiche per pianoforte, per complessi cameristici, per banda e per coro.

Attivo nel mondo della ‘Patafisica, è Reggente del “Collage de ‘Pataphysique”.

Ha ideato alcuni libri-oggetto tra i quali l’Aforismario da gioco (Edizioni Joker, Novi Ligure 2010).

Ha pubblicato anche diversi scritti di argomento musicale e cinematografico su riviste specializzate («SuonoSonda», «Musicheria», «Costruzioni Psicoanalitiche», «Arts and Artifacts in Movies» etc.).

Svolge la professione di bibliotecario.

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