giovedì 29 aprile 2010

Narciso - Carina Spurio di Alessia Mocci

Narciso – Carina Spurio
di Alessia Mocci
La raccolta di poesie “Narciso” si apre con la lirica omonima per spezzare la linea di confine tra il nostro presente, la nostra vita, e ciò che è dato sapere ai poeti. Un estro antico, tramandato sin dai primordi dei pensieri percepito dalle anime altre, rivive nel versificare dell’autrice del libro Carina Spurio. La Spurio intrattiene un personalissimo rapporto con il figlio di Liriope e Cefiso, uno scavare incessante (“Raccontami di te/…Dimmi/…Parlami…”) verso la verità di ciò che accadde allo sventurato, uno scavare logorato dai misteri del tempo e dai flussi delle acque che rapirono la sua illibata immagine. Non si percepisce una forte contrapposizione tra il presente ed il passato. I versi, nel loro incedere, si riempiono di mattiniera foschia e l’io diviene una benevola controparte dell’altro. Si può sussurrare che la tematica portante della raccolta di poesie è proprio questa illuminata comprensione verso l’altro, il diverso, un profondo interesse da parte della Spurio nei confronti della comunicazione, della trasmissione dell’ istante che ripete ciclicamente il suo mutare da attimo a “senza principio né fine”. La Spurio palesa questa sua presa di posizione anche nella struttura della raccolta, infatti, le liriche si susseguono trascinate da un filo conduttore diatropico, il titolo. Non è stato il caso, né l’ordine alfabetico né l’ordine temporale a determinare l’ubicazione delle liriche nella raccolta. Ci troviamo davanti ad un ingegnoso telaio che racconta una storia parallela ed, allo stesso tempo, obliqua. Leggendo, infatti, i titoli delle liriche, “Narciso”, “Assenze”, “Sequenze”, “Libera”, “SS80”, “Fly On caffè”, “Un attimo”, “Il sapore di un bacio”, “Montagna Madre”, “Tempo”, “Dilemmi”, “L’eterna storia”, “Euritmia cromatica”, “Respiro”, “Selene”, “Petali di pensieri”, “ad Alessandra”, “Il sacro e il profano”, “Nasco da…”, “Sesto senso”, due liriche senza titolo, “Incanto”, una lirica senza titolo, “Ritmo inquieto”, “Lacca di garanza”, “Sogni preziosi”, “Osservando Kandisky”, “Pregno antico”, “Verso il futuro”, “Metafore”, “Noi”, “Percorsi”, “Vocazione”, “Seta”, “Brama”, “Ieri”, scorgiamo una musicalità ed una geometria strutturale e semantica che l’autrice, forse, voleva tenere nascosta così come Narciso, per troppo amore, celò il suo viso agli altri stringendolo solo a se. L’ultima poesia, “Ieri”, (“Ti ho sognato,/ le mie dita fra le tue dita/ nessuna distanza./ In un istante ho immaginato/ di chiedere alle stelle/ di fermare il tempo,/ per allungare l’attimo in cui/ ti avrei dato un nome,/ un colore, un motivo.”) vede l’armonia tra presente e passato, tra tempo ed attimi, tra “io” e “tu”; quasi si può scorgere l’angelica forma del “Narciso” iniziale mentre il sogno diviene realtà e l’“io” intrattiene una conversazione con l’altro, un lucido e circolare procedere verso la Pura Poesia senza il completo estraniamento dalla realtà.
Leggendo diverse recensioni sulla tua nuova raccolta di poesie, ho notato una parola associata al tuo versificare che si ripete: “urgenza”. Sapresti darmi una spiegazione? E’ la chiave di lettura per le tue opere?
“Urgenza”, la parola ricorrentemente associata al mio versificare è “una” delle tante definizioni contenute nella forza tentacolare che assale il poeta e si insinua in ogni angolo del pensare e del vivere. Per questo, penso che il termine “urgenza” non sia l’unica parola-chiave per le mie opere, malgrado scrivere spesso sia una “necessità”. “Necessità” non intende cedere, non può farlo: ne + cedere. “Notwendigkeit” (ciò che non potrebbe essere altrimenti) avrebbe detto Kant se fosse stato in vita. Eppure, non fui preda del fascino di questa inflessibile dea all’inizio. Il mio verso, come hai ben scritto, esplose dal piacere, affidato ad “un lucido e circolare procedere”. La mia prima Poesia nacque dall’ “assenza”, dall’attimo in cui la consequenzialità della sillabe si arrese al gesto mosso dalla privazione. Senza quel vuoto dentro non avrei potuto catturare quel fiato sinistro in cerca di uno spazio. Versai: “Cosa ho se non ti ho?” (da “Noi”). Un verso, una domanda! Avevo racchiuso un istante in un grumo che perse calore prima della finitura. Da quel giorno Poesia fu comunicazione dei sensi, per non costringerli al silenzio affinché il binomio “io/tu” potesse diventare “noi”. Oggi so che Poesia non è una formula. Piu’ che un profitto è una perdita e non si avvale di strumenti logici. Ci sono giorni in cui ancora mi tenta, soprattutto quando proviene dall’immobilità, dal vuoto di me, dalla gioia e dal dolore altrui e come una spettatrice decide di testimoniare. Continua a resistere sgorgando dalla mia mano, mentre labbra serrate conservano il senso deglutito nelle tenebre. “Senza il completo estraniamento dalla realtà” la imprimo nel candido niente, invaso da pericolosi enjambements, innocui come una farsa teatrale e adagiati come le bugie automatiche sul mio fiato e resto a “guardarla” come un atto d’amore che non merita i miei brividi.

La tua raccolta ha una struttura inusuale, infatti, la maggior parte delle poesie sono seguite da un commento critico e stilistico. E’ stata una scelta che muove prettamente dal bisogno di diverso ed originale?
“Narciso” è un’antologia poetica che contiene liriche selezionate dai miei precedenti quattro libri di versi pubblicati nel seguente triennio: 2005 / 2008. Nei capitoli scanditi anno per anno i relativi commenti critici e stilistici sono rimasti invariati, non per un bisogno di originalità o di differenziazione, ma per legittimare quanti avevano collaborato attivamente alla realizzazione del testo.
In foto: Alessia Mocci

mercoledì 28 aprile 2010

Riccardo Raimondo - Intervista 2010 di Carina Spurio


Riccardo Raimondo - Intervista 2010 di Carina Spurio

Hanno detto di lui:
«[...] oscilla tra prosa poetica e verso. Pratica la prima con ritmi incalzanti, cercando di assecondare l'ansia del sentimento».Maurizio Cucchi (LASTAMPA 19/03/2010)
Riccardo Raimondo è nato a Siracusa nel 1987. Studia Lettere Moderne a Catania. Collabora con le seguenti riviste: Potpourri e Tribeart. Ha collaborato anche a progetti d'arte visiva con la fotografa Jessica Hauf (atelierhauf.com). Ha scritto testi per alcune canzoni tra cui Tre sul rouge con Adriana Spuria (myspace.com/adrianaspuria). Ha pubblicato nelle antologie: Il Potere dei Coriandoli a cura di Antonino Di Giovanni, Giovanni Caviezel e Chiara Tinnirello, A&B 2009,In Albergo, Perrone Lab 2010. Cose a parole II ed., Perrone Lab 2010. Nel 2009 pubblica la sua prima raccolta di versi dal titolo Lo Sfasciacarrozze, A&B.

Chi è Riccardo Raimondo?
Bella domanda. Chi sono? Sono io?Mammifedo bidepe, anima in viaggio (?).
Cosa comunichi con la tua poesia? Come definiresti la tua poetica?
Mi chiedono di parlare della mia poesia? Per quanto ne so io la poesia è sempre un atto anarchico, c’è sempre un margine di ribellione in chi compone versi. Perché il verso è qualcosa che sconquassa il linguaggio e lo costringe ad arrivare al limite della sua funzione. Bisogna sfasciarlo dunque questo linguaggio, per farlo poi brillare di nuova vita.Dal comunicare al supercomunicare.
Scrivi di getto o assecondi delle pause?
Cerco di trovare il giusto equilibrio tra geometria e passione
Attualmente quali sono gli autori che trovi interessanti ?
Trovo interessante Maurizio Cucchi o Andrea ZanzottoQuale è il tuo rapporto con la tradizione, con gli autori del passato?L'evoluzione è dimenticare la storia a memoria...Quali le letture che ti hanno in qualche modo “formato”?Non mi sono mai formato. Cerco ancora la mia forma, e forse in fondo non voglio trovarla. Non la troverò mai. Ciò che mi sento di dire però è che non amo il feticismo di certi poeti che leggono solo libri di poesia. Sembrano drogati. Un “poeta” dovrebbe dedicarsi a leggere di tutto (filosofia, fumetti, etologia, botanica, critica letteraria, riviste glamour): il mondo intorno a noi è spaziosissimo e contiene estremissime estremità.Mi piace spaziare.
Internet è la distruzione oppure è la rinascita della poesia?Internet è solo un mezzo. La risposta sta negli uomini che lo usano.

Internet è solo un mezzo. La risposta sta negli uomini che lo usano.
In che modo arrivi alla tua prima pubblicazione?
Racconta…
Su facebook ho spammato alcune poesie all'editore Mauro Bonanno che non ha potuto fare a meno di leggerle.
Lo Sfasciacarrozze la tua prima raccolta di versi quale messaggio contiene?
Mi piace pensarla come un'opera giovanile. Volevo che la ricerca del mio linguaggio passasse attraverso uno sfascio. Mi sono divertito. Mi sono sentito vivo. La mia curiosità si è accesa solo sulle macerie del senso, tra i rottami della forma.
Un tuo sogno?
Riuscire a vivere solo vendendo libri di poesia.
A chi dedichi la tua creatività?
A volte alla mia compagna, a volte a un amico, a volte al cielo, a mia madre, a mia sorella, a un sasso, a una nuvola. A volte la dedico a me stesso. Ma nella maggior parte dei casi non ci sono dediche: è solo la parola che mi attraversa.
In futuro nel tuo cassetto cosa c’è…
Una nuova raccolta di versi.

mercoledì 21 aprile 2010

Alessio Pelusi - Moleskine nera


Alessio Pelusi - Moleskine nera
di Carina Spurio
Nel 2008 ha pubblicato il racconto dal titolo “Ana non può baciare” sull’antologia “Una storia sbagliata” della casa editrice “Mediando” ed ha frequentato un Master in Giornalismo e Giornalismo Radiotelevisivo presso la Società Eidos Communication di Roma. Nel 2009 con la vittoria del Concorso per Giovani Autori della Fondazione Pescarabruzzo, ha potuto pubblicare il suo primo romanzo dal titolo la “Moleskine nera” che presenterà in Via Piave a Roma il 28 maggio 2010 alle 18:10 presso la libreria Mondadori. Saranno presenti il relatore Plinio Perilli, poeta e critico letterario e L'autore Alessio Pelusi.
Alessio, l’atto materiale dello scrivere cos’è per te; catarsi, momento di riflessione, piacere, narcisismo, ribellione, o cosa?
Scrivere mi da soddisfazione, mi fa sentire utile, mi offre la possibilità di esserci, di sentirmi reale, sebbene conquistato da una dimensione completamente fantastica. Scrivere è la mia personalissima euntanasia, una morte dolce, un sonno ristoratore ed un bagno tiepido. La cosa più importante, però, quella che più delle altre mi fa apprezzare questa folle passione è la dimensione del sogno che la include. Per me scrivere è la speranza di essere qualcosa d’altro.
Pensi che chiunque possa essere uno scrittore o una scrittrice?
Si, basta sentirsi tali. Per diventare un professionista, invece, e scrivere per lavorare c’è bisogno del riconoscimento sociale. Io per adesso lavoro per scrivere, vale a dire… affinché mi lascino in pace.
Quali sono gli autori a cui ti sei ispirato?
Kerouac, Bunker, Bukowski, Marquez, Hemingway e molti altri che si sono sedimentati nel fondo dei miei pensieri come detriti sul letto di un fiume.
Per emergere conta essere innovativi e sperimentali, oppure è meglio ripercorrere strade classiche per mettersi al sicuro?
Non lo so, probabilmente basta avere una buona casa editrice o, meglio, un grande gruppo editoriale che ti sostiene. Il problema è trovarlo, avere la fortuna che qualcuno si accorga di te. In Italia si pubblicano centinaia di libri ogni giorno, ci sono una selva impressionante di piccole e piccolissime case editrici che vivono grazie ai soldi degli stessi autori e non delle vendite, dunque è molto difficile farsi notare, emergere, perché se pubblicano tutti allora non pubblica nessuno. Se scrivono tutti non scrive nessuno. Forse la cosa migliore e aspettare, aspettare di essere veramente bravi e meritevoli di una pubblicazione, aspettare che qualcuno in una casa editrice di cui abbiamo stima ci risponda, aspettare di vincere qualche concorso, aspettare, insomma, che valga la pena prima di disboscare una foresta per dar forma cartacea alle nostre storie.

Credi che il mondo dell’editoria sia aperto a nuovi talenti?
Il mondo dell’editoria nella sua accezione più ampia del termine (Vd selva impazzita di piccole case editrici) è apertissimo a chiunque voglia essere l’imprenditore di se stesso ed autofinanziarsi il libro, ma l’accesso alla grande distribuzione e alla promozione è chiuso, non dipende dal talento, ma dal proprio nome od, in alternativa, dalla fortuna od, in alternativa, dalle proprie conoscenze.Quanti libri di personaggi più o meno famosi escono ogni settimana? Basta farsi un giro alla Mondadori o alla Feltrinelli e si trovano più biografie di calciatori e veline che libri di poesie. Insomma, molti di questi VIP un libro non l’hanno mai aperto, nemmeno durante la scuola dell’obbligo.
Nel 2008 hai pubblicato il racconto dal titolo “Ana non può baciare” sull’antologia “Una storia sbagliata” della casa editrice “Mediando” ed hai frequentato un Master in Giornalismo e Giornalismo Radiotelevisivo presso la Società Eidos Communication di Roma. Racconta…
Non c’è molto da dire, ho partecipato ad un concorso e non ho vinto, però, ho meritato la pubblicazione su un’antologia di questo racconto su Ana, una prostituta. Sono molto affezionato a questa storia, perché Ana è parte di me, di quello che sono: una prostituta masochista a volte, altre un pappone, altre ancora solo un cliente innamorato di una puttana.Per quanto riguarda il Master, era doveroso provarci. Dovevo avvicinarmi al giornalismo della Capitale, almeno sbirciarlo dalla serratura. Da anni scrivo per piccole e medie testate giornalistiche qua in Abruzzo, ma non sono mai riuscito ad entrare, cioè, a farmi assumere. Penso di darmi qualche altra possibilità con questo Master.
Nel 2009 con la vittoria del Concorso per Giovani Autori della Fondazione Pescarabruzzo, hai potuto pubblicare il tuo primo romanzo dal titolo la "Moleskine nera”. Partiamo dal titolo. Che cosa significa?
La moleskine è un diario con le pagine bianche che anni fa comprai con un amico a Pescara, alla Feltrinelli e che mi ripromisi di riempire con i miei pensieri. Invece di quelle pagine, ho riempito i files Word del mio computer. L’idea, però, del ritrovamento di un diario con cui ho cominciato il romanzo, viene grazie alla moleskine, che un giorno dal divano di fronte alla scrivania, fissavo inebetito, stordito dal vino. Vedevo questo libricino nero e non mi ricordavo che cosa fosse, allora l’afferrai e dall’interno cadde una foto…
La storia è ambientata in parte a Chieti e in parte a Roma e comincia con un ritrovamento fortuito. C’è un messaggio che vuoi far arrivare attraverso il tuo romanzo?
Il messaggio l’ho trovato dopo aver finito il libro, prima di una presentazione. Mentre cercavo qualcosa d’intelligente da dire, capii che avevo scritto quel romanzo per alcuni motivi. Il primo riguardava l’ipocrisia, volevo combatterla, sia quella rivolta verso gli altri, sia quella rivolta verso me stesso. Poi, volevo dimostrare che dentro un uomo c’è tutto. Può starci un assassino, un omosessuale, un poeta, un intellettuale, un genio, una capra, un misantropo ed un benefattore dell’umanità.
L’ultimo libro che hai letto?
“Le cose dell’amore” di Galimberti
Cos’è l’Abruzzo per te?
Non lo so, forse un rifugio, forse una galera.
Alessio Pelusi Vive a Chieti ed ha 30 anni. Ha studiato e lavorato a Roma per 5 anni, laureandosi in Scienze della Comunicazione presso l’Università degli Studi “la Sapienza”. E’ tornato in Abruzzo e si occupa di qualità, sicurezza, finanziamenti pubblici ed organizzazione aziendale. Collaboro con alcuni giornali locali. Ha lavorato per la “Cronaca d’Abruzzo” . Scrive per due mensili: “Buono e bello” e “Abruzzo sport”. Nel 2008 ha pubblicato il racconto dal titolo “Ana non può baciare” sull’antologia “Una storia sbagliata” della casa editrice “Mediando” ed ha frequentato un Master in Giornalismo e Giornalismo Radiotelevisivo presso la Società Eidos Communication di Roma.Nel 2009 con la vittoria del Concorso per Giovani Autori della Fondazione Pescarabruzzo, ha potuto pubblicare il suo primo romanzo.