domenica 28 settembre 2008

Gabriele D'Annunzio





















di Carina Spurio


“La passione vera non conosce l’utilità, non conosce alcuna specie di benefizio, alcuna specie di vantaggio. Vive, come l’arte, per sé sola. L’arte per l’arte, la prodezza per la prodezza, il coraggio per il coraggio, l’amore per l’amore, l’ebrezza per l’ebrezza, il piacere per il piacere.” (Cento…..e cento pagine del libro segreto).

Il personaggio più amato e ricercato del suo tempo: per amore dalle donne, per i debiti dai creditori, avrebbe dovuto chiamarsi Gabriele Rapagnetta ma suo padre, che era stato adottato dallo zio Antonio D’Annunzio e dal quale aveva ereditato non se l’era sentita di tradire il ricordo del suo benefattore e così lo registrò all’anagrafe come Gabriele D’Annunzio. Gabriele nasce a Pescara il 12 marzo del 1863 in una casa in Piazzetta dei Fiori. La sua vivacità e intelligenza inducono il papà Francesco Paolo a provvedere ad un’adeguata educazione per questo lascia Pescara nel nell’anno 1874 a si trasferisce a Prato al Collegio Cicognini. Legge libri proibiti, spesso finisce in punizione, si diverte ammiccando alle guardarobiere e studia quando gli altri dormono. Vuole avere tutto. Adora le lodi, le lusinghe, la vita e la gloria. Già a 16 anni le donne belle sono la sua ossessione. Tornato a Pescara nel 1879, per le vacanze estive, portò con sé un quaderno di poesie, la famosa raccolta da titolo “Primo vere” che pubblicò a spese del padre. “Primo vere” verrà sequestrato ai convittori del cicognini per i suoi versi eccessivamente sensuali.
La successiva estate, 1880, torna di nuovo a Pescara e così scriverà: <<>>.
Lo stesso anno si vide pubblicare con sua grande soddisfazione un suo racconto (Cincinnato) nel Fanfulla della domenica. Concluse gli studi liceali nel 1881 e finalmente arrivò alla capitale. Roma, la città giusta per le sue ambizioni. Si iscrive all’università ma non la frequenta, preferisce i salotti e le pagine dei giornali e viene accolto con gran piacere nella rivista degli intellettuali alla Cronaca Bizantina. A Roma, inizia il periodo della follia, frequentava le feste accompagnato da donne bellissime fino a quando nel 1883 sposa la duchessina Maria Hardouin. Gabriele era felice. Prima di tutto di essere lontano dai suoi creditori romani, felice di essere riuscito a rimandare il servizio militare e di aver iniziato a scrivere il suo primo romanzo “Il Piacere”. L’anno successivo al matrimonio nasce il suo primo figlio ma anche la sua prima relazione extraconiugale. Nel frattempo accumula debiti su debiti, decide che il giornalismo non lo soddisfa più soprattutto materialmente.

“Sì, quando io gioco, sento aumentare la mia propria vita,. Vivo come non mai. Tocco il limite sommo della mia forza, della mia libertà, della mia temerarietà. Chi disse che la vita è sogno? La vita è gioco. Ecco che c’ intendiamo. Io ho sempre vissuto contro tutto e contro tutti – non soltanto in fiume d’Italia- affermando e confermando…Ho giocato col destino, ho giocato con gli eventi, con le sorti, con le sfingi e le chimere.Dal tempo lontano di Montecarlo io serbo nella mia memoria certi volti di giocatori veri, senza guadagno, senza alcuna cupidigia di oro: sì, certi volti che non dimenticherò mai. Li rivedo in me con tutti i loto rilievi, come se pur ora io li lavorassi con la mia acquaforte segreta. Come diversi dai volti dei miei giocatori pescaresi, di Pescara città di Gioco, come il Vasto è città di Grazia! Li vide, li cercò, li mirò la mia fantasia tormentosa. Voglio ancora svelare ma a me stesso. Voglio dire come l’impronta della mia città natale sia stampata in me, e nel meglio di me, fieramente. Ricordare ricordare, voglio; e gettare la mia miseria nel gioco mortale.” (Cento…..e cento pagine del libro segreto)


Le donne continuano ad essere una parte importante della sua vita: “Io sono infedele per amore, anzi per arte d’amore quando amo a morte.” Ma l’altra metà era il mondo e lui voleva che il mondo sapesse di quanto egli stesso fosse capace di tutto.
Eleonora ha cinque anni più di lui, la incontra per la prima volta a Roma nel 1882. Gabriele è giovane e pieno di riccioli, è appena arrivato dall’Abruzzo.
La rivide di nuovo nel 1888 sul palcoscenico nelle vesti de “La signora delle camelie”, ma, l’incontro fondamentale e definitivo avverrà a Venezia nel 1894 e il loro tempestoso legame sentimentale durerà 10 anni., Nel 1900 D’Annunzio pubblicò “Il fuoco”, romanzo autobiografico in cui il poeta mette a nudo la loro storia d'amore, la loro intimità, divulga i loro segreti, scatenò critiche vivaci. Nel 1904 l’addio definitivo. Soltanto nel 1923, Gabriele le scrive:"Io ti amo meglio di prima", e conclude: "Ti bacio le mani tanto che te le consumo." La morte di Eleonora Duse “La Divina”, a Pittsburgh il lunedì di Pasqua del 1924, suscita in Italia una commozione enorme. D'Annunzio si rivolge a Mussolini affinché lo Stato provveda a far tornare in patria la salma. Devastato dal rimorso affermò: " E' morta quella che non meritai." Al Vittoriale, ancora oggi, è presente nella stanza chiamata l'officina una statua raffigurante il volto di Eleonora Duse che il Poeta soprannominò musa velata poiché abitualmente teneva la statua coperta da un velo per non provare dolore nel rivedere quell'immagine che la mostrava giovane e ancora bella. E lui stesso, dopo aver partecipato attivamente alla guerra in terra, sul mare e nel cielo trascorse gli ultimi anni della sua vita al “Vittoriale” in cui morì il 1 marzo del 1938.

sabato 27 settembre 2008

Vasco: Teramo nel suo destino.

di Carina Spurio

“Cosa facciamo stiamo insieme stasera/dai non andare via non inventare adesso un'altra scusa/un'altra un'altra bugia/ cosa ne pensi di dimenticare/ di lasciarci andare/ma dimmi la verità/ forse stasera è una sera che ti sentivi sola/e sei venuta qua…”

Se la vita fosse un libro basterebbe voltare pagina e trovarsi davanti un foglio candido da vergare a nostro piacimento con una nuova storia. Ma ognuno di noi sa che le pagine della vita non sono scorrevoli come quelle di un libro e che il libro della vita è fatto di mutamenti, di coincidenze, di eventi che ci travolgono mentre stiamo facendo altri progetti. Lo stesso avviene per l’amore. Nelle nostre vite incontriamo persone che ci rendono felici solo per aver incrociato il nostro cammino. Alcune conoscenze ci accompagnano per molte lune, seguendo un percorso parallelo, altre, le scorgiamo appena.
1990. Vasco Rossi pubblica un doppio live “Fronte del palco” senza immaginare che di lì a qualche anno diventerà un mito per le giovani generazioni.
Alessandra vive a Teramo. Nell’estate del 1990 decide di trascorrere un week end a Rimini con un’amica. Durante una serata trascorsa in discoteca apprende che all’interno del locale si trova il cantautore modenese Vasco Rossi. Una folla enorme si raduna nella stanza. Vasco era arrivato. Alessandra si ritrova compressa nella ressa e finisce tra le braccia di Vasco, seduta sulle sue ginocchia. Per un attimo vede il mondo lontano anni luce. Non riesce a fare a meno di guardarlo, distratta dal numero di telefono che Vasco le ha scritto sul palmo della mano e dal bagliore che guizza nell’azzurro dei suoi occhi.

”Se ti guardo dentro 'gli occhi /se ti guardo Bene Bene /tu ti nascondi/ non ti vedo mai /tiralo fuori/ quello che hai /se ti guardo dentro 'gli occhi /IO NON TI CREDERÒ MAI/ Se ti guardo dentro 'gli occhi/se ti guardo bene bene /li vedo tutti/ i pensieri che hai /non sono brutti/ poi sono i tuoi /se ti guardo dentro 'gli occhi /IO M'INNAMOREREI/”

Alessandra gli telefona il giorno successivo. Da quel giorno sono trascorsi 18 anni. Non è raro che una semplice conoscenza si trasformi in amore, semmai, è difficile restare in contatto per anni, dopo che l’amore è finito. Negli anni successivi Alessandra e Vasco si perdono di vista, fino a quando, Alessandra nel 1999 si reca a Roma al Rewind tour.

“Vivere/ è passato tanto tempo/ Vivere! /è un ricordo senza tempo/ Vivere/ è un po' come perder tempo/Vivere.....e Sorridere!......./ VIVERE! / è passato tanto tempo/ VIVERE! / è un ricordo senza tempo/ VIVERE! / è un po' come perder tempo / VIVERE....e Sorridere dei guai/ così come non hai fatto mai/ e poi pensare che domani sarà sempre meglio /OGGI NON HO TEMPO / OGGI VOGLIO STARE SPENTO!”

Dopo pochi giorni dalla partenza del tour, muore Massimo Riva, chitarrista della band oltre che autore-coautore di musiche e testi. Alessandra non vedeva Vasco da sei anni e dopo il concerto lo aspetta per un autografo pensando di non essere riconosciuta. Malgrado gli anni trascorsi, Vasco la riconosce immediatamente e la invita insieme ai suoi amici ad una festa che si terrà dopo il concerto in un ristorante nel quartiere Parioli. Da Roma andrà Bologna alla presentazione del suo libro e poi alla vota del tour di Ancona. 2008:

”Ed è proprio quello che non si potrebbe che vorrei/ed è sempre quello che non si farebbe che farei/ ed è come quello che non si direbbe che direi/ quando dico che non è così il mondo che vorrei/ Non si può/sorvolare le montagne/ non puoi andare/ dove vorresti andare./ Sai cosa c'è/ ogni cosa resta qui./ Qui si può/ solo piangere.../ ...e alla fine non si piange neanche più.”

Teramo ha un nuovo stadio. Vasco incide Il mondo che vorrei .
Si parla di un concerto di Vasco a Teramo, data zero del tour autunnale dell’artista. Dal 28 al 5 settembre 2008, il nuovo stadio ha ospitato migliaia di fans e Vasco oltre alle canzoni, ha provato la disposizione del palco e delle luci. Il concerto del mitico roker è stato per Teramo l’evento musicale dell’anno. Alessandra è ancora emozionata, continua a dichiararsi incredula. Mai avrebbe immaginato che Vasco scegliesse la sua città per una “Data zero”. Le chiedo:

Alessandra, come hai reagito alla notizia ufficiale che confermava il concerto di Vasco a Teramo? Dicono che appena arrivato abbia chiesto di te.

Sì, ma se non fosse stato lui a dirmelo non ci avrei creduto. Non ti nascondo che il primo pensiero è stato “ perché avesse scelto Teramo” e se appena è arrivato ha chiesto di me, vorrà pure dire che Teramo gli è cara no? Sono stata felice di averlo qui, gli ho anche detto: finalmente sono io ad ospitarti!

E’ il caso di dire che la vita, quando meno te l’aspetti, ti mette davanti situazioni che fanno riaffiorare tutti i ricordi che sembravano perduti.

La vita ci ha fatto incontrare, poteva finire lì, ma qualcosa ci ha trattenuti ed ha fatto in modo che non ci dimenticassimo. Io gliel’ho detto appena l’ho visto “ che ci vuoi fare? Teramo è nel tuo destino…”
Certe cose sono difficili da spiegare, accadono e basta, senza nessun motivo apparente. Le cose vanno, cambiano, alcune invece sono sempre lì, ti volti e le ritrovi intatte, forti, belle…. Vasco è una persona bella e parlo dell’uomo vero, sensibile, buono. Sono contenta di sapere che pensare a me lo faccia stare bene e che anch’io per lui sia una persona bella.

Cos’è per te Vasco?

E’ un punto fermo. A volte vorrei che nulla fosse cambiato, forse non riesco a spiegarmi come vorrei, qui l’amore non c’entra niente. Vasco è un legame profondo, affetto sincero, direi quasi sublime molto più resistente e forte dell’amore.

E questa sera Alessandrà sarà a Bari allo Stadio S. Nicola al Concerto di Vasco.
Hermes mensile. Ottobre 2008

lunedì 22 settembre 2008

" Sollevò lo sguardo verso il cielo cercando di capire perché la luminosità aveva subito un lieve cambiamento malgrado non ci fosse nessuna nuvola dietro la quale il sole poteva nascondersi. Un flusso di immagini diventò consapevolezza del presente, scandito da ogni respiro in più. Nella curva, nel cui centro imperava la grande quercia, il sentiero era interrotto. Il sogno inviava dall'inconscio strani segnali quasi volesse mettere in evidenza per mezzo di un linguaggio figurato l'impossibilità di procedere. L'acqua dall'alto della montagna scendeva su spuntoni rocciosi e finiva in una pozza fra le rocce. Il sentiero bloccato costringeva lo sguardo più avanti, a scorgere un altro passo, una via d'uscita. Vide un varco e nello stesso istante seppe che da quella strada avrebbe potuto proseguire. Al risveglio evitò di parlare del sogno. Si astenne dal racconto. Non aveva voglia di discutere. Si ripromise di valutare eventuali significati onirici a tempo debito. La visione del percorso alternativo le evitò turbamenti inutili, qualsiasi cosa fosse accaduta, aveva trovato il sentiero e -lei- non aveva problemi di tempo. Il panorama era meraviglioso: un dipinto d'autore, perfetto nelle forme e nei colori come solo i sogni sono in grado di descrivere, e quell'aria da fiaba nei giorni seguenti la turbò non poco. La terra d'origine ricorrente nei suoi sogni era un mistero. Immaginò i suoi antenati vivere in quella terra fredda e quel bosco immenso, unico mezzo per integrare un reddito derivante da una stentata agricoltura e dall’allevamento di bestiame.
Le storie. Se le senti raccontare si trasformano in perfette sequenze, come facce della realtà mai viste prima. La fantasia dei popoli è piena di immagini che una volta tramandate acquistano energia e si legano fra loro con un filo invisibile e restano impresse nella memoria di un’ infinità di persone tra passato e futuro. La montagna, sullo sfondo del cielo si lasciava corteggiare da un’enorme Aquila in volo che disegnava cerchi perfetti sulla vetta. Si chiese se ci fosse un reale motivo per il quale si nasce in certi posti invece che in altri, quasi a voler rubare i segreti divini al cielo di quel mattino. Il suo primo antenato aveva il viso sporco di carbone. Partiva al tramonto con un mulo da soma e tra le curve dei sentieri, ogni tanto, alzava gli occhi verso il Gran Sasso. Intorno, i tronchi inclinati degli alberi, in basso, un pugno di case immobili, in alto, il campo in cui avrebbe allestito la carbonaia; l’avrebbe controllata giorno e notte per 15 lunghi giorni. La vita in alta montagna era dura. Il lavoro di carbonaio era un lavoro duro, nero come l'inferno. Otto mesi nella macchia in una capanna di legno e terra, per una paga di ventiquattro soldi ogni due sacchi colmi di carbone. Un lavoro di quattordici ore comprese le ispezioni notturne alle carbonaie La colazione di un carbonaio era un caffè d'orzo. Il suo cibo era lardo o ventresca, gialla polenta e un pò di formaggio. Il suo letto, un sacco imbottito di foglie in cui riposava tra l’ululato notturno dei lupi e la compagnia dei topi, lesti a recuperare le briciole durante il silenzio della notte.”
Un romanzo dimenticato in un cassetto e la montagna, sono diventati il tema su cui creare versi, ispirandosi ai ricordi, alle favole, ai nonni, all’amore per la terra che ci riconduce alle memorie di appartenenza. Molti filosofi, in passato, hanno elaborato in vari modi la teoria dell’eterno ritorno, secondo la quale, i fatti dell’Universo, si ripetono ciclicamente. Anche in letteratura ci sono grandi ritorni alla terra natale. Foscolo e Ulisse sono uniti da un destino comune: il viaggio avventuroso, il viaggio dell’esilio. Il crudele destino li vuole lontani dalla loro terra natia, luogo in cui ci sono i legami più saldi. Ulisse rivedrà la sua terra. Foscolo sa che non potrà più tornare. L’uomo arricchisce la sua esperienza lungo il cammino chiamato vita, intensifica conoscenza e saggezza mentre il suo destino si manifesta passando dall’attaccamento al distacco fino al ritorno; “l’atto di ritornare nel luogo dal quale ci si era allontanati mossi da un bisogno di riflessione o da un necessità di ritrovarsi per ripristinare l’equilibrio perduto.” Alle origini c’è sempre una strada, una casa, una chiesa dal campanile - bianco d’inverno – che si staglia (nel nostro caso) di fronte al Gran Sasso e si trova a Nerito di Crognaleto, luogo in cui si è svolta la Seconda Edizione del Concorso Internazionale di Poesia “diVerso in Verso”2008. In questo luogo riposano le anime di coloro che hanno lavorato la terra, bruciato gli alberi, trasportato le pietre per costruire le case e le persone che sono rimaste. Molti sono andati via e ritorneranno periodicamente, altri non torneranno mai. Il poeta, attraverso il tema proposto, è stato invitato a proiettare sulla terra il suo essere modificato dalle esperienze e tra le fiabe e le storie ha rincorso sentimenti e ricordi vergandoli con parole precise e veloci, leggere e profonde, assecondando l’altro essere che si palesa al momento della creazione. La poesia è un’illusione che nasce dalla lucida ragione, si associa alle verità ricercate o sfuggite che riaffiorano nei ricordi in modo misterioso, opponendosi alle leggi del tempo come un’illuminazione improvvisa. La Terra, intesa come origine, suscita la proiezione dell’inconscio del poeta, il quale, entra in rapporto con il ricordo e narra in versi il processo della propria trasformazione che si fonde con un nuovo stato di coscienza.
L’anima è in relazione con gli aspetti sconosciuti della coscienza e riproduce il potenziale della psiche legato ai contenuti dell’inconscio collettivo, trasmessi nelle sensazioni e nella dimensione corporale dell’uomo. Anche tutte le poesie presenti in questa Antologia Poetica sono nate esplorando l’inconscio, superando i confini dell’immaginazione per raggiungere lo spazio di un verso in cui, la fantasia, dona forma alle cose e come una specie di magia tra immagini, colori e aromi, rappresenta le idee.
Carina Spurio

mercoledì 10 settembre 2008

Goran Kuzminac


di Carina Spurio

Goran Kuzminac
“Dio suona la chitarra”.
E’ il titolo del nuovo CD di Goran Kuzminac che uscirà il 1 Ottobre 2008, composto di dodici brani nuovi piu’ diversi Bonus track e registrato presso lo “Skunk Studio” di Bellante (TE) dal quale verranno estratti due singoli e un video. L’album, a cui Goran ha dato la sua impronta con la sua voce inconfondibile è stato realizzato con uno strumento che ha grandi possibilità di suoni diversi; la chitarra baritono che riesce a combinare voci armoniche incredibili e impossibili da ottenere con una chitarra standard oltre alla Batteria, Chitarra e Basso e con le collaborazioni di: Alex Britti, uno dei migliori chitarristi blues italiani in grado di produrre suoni energici e vitali che rivelano un’ottima conoscenza del linguaggio musicale; dopo il successo di “Milano”, ha riproposto la cover de “L’isola che non c’è”, cantata dal suo amico Edoardo Bennato. Glauco Di Sabatino, reduce dalla registrazione di un CD per un’etichetta giapponese con i “Sinthesis Trio” di Paolo Di Sabatino sempre allo Skunk Studio di Bellante. Oltre al cuore di Alex Britti, c’è la chitarra Jazz “Partenopea” di Antonio Onorato , l’energia di Charlie DeAnesi, la precisione di Lincoln Veronese, la giovinezza di Andrea Valeri, il basso di Anchise Vetuschi.

“Dio suona la chitarra” è un titolo originale! Parlaci di questo tuo ultimo CD!
Dio suona la chitarra, di questa cosa sono convinto. Non suona il violino che è lo strumento del diavolo, no. Immagina il Dio di Michelangelo: grandioso, armonioso, e sono anche sicuro che beve la birra e se la ride di quelli che si ammazzano. Dio è un chitarrista, è una mia profonda convinzione, gira il mondo con la chitarra e suona il blues.

Un brano del CD a cui sei particolarmente legato?
“Parole semplici”. E’ un pezzo che gli italiani non avrebbero mai scritto.

Perche'?
E’un testo strambo e molto anglosassone.Parla di uno slavo che vende rose rosse e fumo “o ha i brividi o ha la tosse”. All’interno dell’album c’è anche un altro brano molto simpatico “Bimbi Buoni e Belli” una favoletta per bambini, i quali, mentre attraversano il bosco per tornare a casa, scoprono che il lupo, la strega e l’orco sono scappati perché ci sono i politici feroci….è un’allegoria, un divertimento.

Hai registrato spesso in Terra d’Abruzzo?
L’Abruzzo è una bella terra con ottimi musicisti. “Dio suona la chitarra” è il terzo album che registro in Abruzzo.

Canti e suoni da 32 anni, libero dalle mode e dai compromessi, dal passato ad oggi cos’è cambiato nel tuo modo di fare musica?

Ho lavorato al nuovo CD mettendomi semplicemente a nudo, privilegiando strumenti ritmici che amo da sempre con la mia voce e la mia chitarra cercando di fare un album semplice come l'ho sempre desiderato, facile da cantare. Ho cercato di comunicare l'amore che sento per alcune persone, i dubbi che ho sul clima sociale attuale,i pensieri in libertà sul tempo che passa sui sogni e sulle speranze che tutti noi abbiamo.
Di una cosa sono sicuro: non venderà molte copie, come non ne hanno vendute altre mie produzioni forse piu' "commerciabili", ma sarà una cosa che riascolterò con piacere anche nei prossimi anni. Ho suonato in maniera più rilassata rispetto al passato e vorrei che tornasse di moda il buon senso.
Forse pretendo troppo?

E dopo aver assistito per 3 giorni alle registrazioni per le ritmiche; basso e batteria “Torno a casa” canticchiando una canzone del suo CD:
Torno a casa
E mi prepari una festa già lo so
Per ubriacarmi un pò si..
torno a casa
che il mondo è un circo di impuniti e
cattivi
di veline e sportivi

e poi ti dico caro amore dove sono stato
quante avventure e pericoli che ho passato…



http://www.teramani.net/

http://www.essepicomunicazioni.it/index.php?option=com_content&task=view&id=6548&ac=0&Itemid=28

http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=23305