lunedì 7 dicembre 2009

Teramo. Daniela Bruni Curzi

Daniela Bruni Curzi
Respiri Sospiri ed altre abrasioni
Edit Santoro, 2009

di Carina Spurio

Daniela Bruni Curzi ci presenta “Respiri Sospiri ed altre abrasioni”, una silloge poetica densa di multiple escoriazioni, di chiaroscuri viziosi, di sommesse turbolenze e di suture indurite. Lo fa con intensità e trasporto e con la voglia di far sentire il suo canto poetico nell’arduo universo dei versi. L’autrice in alcuni suoi componimenti poetici, si volge a guardare indietro nel tempo e con composta nostalgia, lo ricorda compiere i suoi riti nella lirica “Radici Sommerse” perché egli: “non sa arretrare, né levigare l’aguzzo incontrato lungo i percorsi.” Quel tempo trapassato da un verso sapientemente costruito che attimo dopo attimo, rielabora lo spazio esposto ai mutamenti a cui la vita stessa ci predispone tra sogni accarezzati e sofferti e la materia che cambia. Il viaggio all’interno della silloge poetica di Daniela Bruni Curzi inizia tra gli spazi dell’anima e le catene della memoria e si conclude nell’infinito vuoto del presente sempre provvisorio, in cui l’essere si perde sfiorando speranze e paure. Daniela insegue quel tempo fino in fondo e lo vede: “ […] ancora letto di fiume prosciugato: miserabile oppure vano; trivio di strade sconnesse da riattraversare.” da “Rifrazioni”, sebbene la vita sia un soffio che fugge sotto nuvole macchiate e la sete della stessa non cancella l’ombra di ciò che dovrà essere (Fato) né l’oppressione del trapasso (Morte). ll realismo puro racchiuso in ogni sua parola, ridisegna la vita toccando il battito della sofferenza, per risalire purificato verso l’armonia e stabilire una relazione essenziale con il mondo. Senza enfasi e con grande incisività di segno, Daniela Bruni Curzi, chiude il suono della vita nelle sue liriche, sfida la razionalità del logos e permette alla poesia di arrivare sulla terra. Tutti sappiamo che la terra non è un incanto ma una scura zolla in cui innumerevoli volti abbassano lo sguardo e altrettante suole di scarpe, calpestano marciapiedi, ignare. Più in alto, oltre le caviglie, vicino al costato, una fitta ci spinge a sacrificare noi stessi, senza saldi o compromessi, per arrivare esanimi all’alba, trasparenti come l’acqua, vinti dalla morte, incapaci, eppure ancora capaci di mendicare nei sentieri dell’anima un’ultima sillaba tronca, conficcata tra il pollice e l’indice, appoggiata su una riga della fronte. Resistere o non resistere, sapere o non sapere? Tra lo stress e la vita i fotogrammi si susseguono nella mente, cambiano le memorie; sebbene una freccia del fato non obbliga a deviazioni, per fortuna. Poesia arriva da necessità, dall’altro luogo di noi, apre e chiude gli occhi di gatto mentre continua da secoli ad andare a capo; il tempo necessario per cantare una canzone e tirare a campare, ancora per un po’. L’alba la lascia incollata sui fogli nelle mani del caso per comunicare a tutti l’infinito in un istante. Perché migreremo, scrive Daniela e “guarderemo indietro dalle sommità raggiunte, ben più in alto delle rotte finite e dello sgomento che atterrisce.” Poiché siamo donne e non sarà mai poco tremore quel che nel ventre rimarrà.”

Teramo centro- LUNEDI 7 dicembre - ore 17

PRESSO ASSOCIAZIONE AUSER
Via Paladini 7/ a ( nei pressi del Duomo - piazza Garibaldi)

"INCONTRO CON L'AUTORE"

Presentazione del libro
Respiri Sospiri e altre abrasioni
di Daniela Bruni Curzi

Intervento introduttivo LUCIA MARCONE

giovedì 12 novembre 2009

Deborah Malatesta


Deborah Malatesta
di Carina Spurio

“Totem Blue” un film di Massimo Fersini con Deborah Malatesta , giovane attrice di talento nata in Germania e vissuta in Abruzzo, che spazia dal cinema al teatro.

Deborah, partiamo dall’inizio. A 16 anni, debutti a teatro nel musical “Noi e l’Amore” scritto e diretto dalla scrittrice, Marcella Vanni Cibej. Raccontami…

Ti racconto che il tutto è accaduto per caso…stavo leggendo dei versi della Divina Commedia quando odo l’allora professoressa di Italiano, Marcella Vanni Cibej che mi domanda: “Ti piacerebbe fare la voce narrante in uno spettacolo?” . Figuriamoci, non avevo ben compreso cosa mi stesse chiedendo, ma la stima che avevo (e che ho ancora) per Lei mi fece rispondere di istinto: “Si, certo”.
Marcella aveva compreso tutto di me…Anche le cose non dette…

Nel 1995, dopo la maturità scientifica ti sei trasferita a Roma per frequentare l’Accademia di Arte Drammatica Piero Sharoff, contemporaneamente, ti sei iscritta alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università “La Sapienza”. Da Giulianova Lido a Roma. Con quali obiettivi?

Un unico obiettivo: fare l’attrice con cognizione di causa.

Ne “Il Marinaio”di Fernando Pessoa, interpreti il ruolo della seconda vagliatrice, sempre diretta da Antonio Ferrante. Cosa ha rappresentato per te questo spettacolo?

La maturità artistica. La cosiddetta prova del nove.

Sei stata presentatrice televisiva, cantante, attrice nel film “Die Hard – Vivere o morire” di Claudio Sorrentino con Bruce Willis. Quali sono state le tue emozioni durante le riprese?

Carina devo sottolineare che in questo film ero in veste di doppiatrice…per la prima volta…un’emozione indicibile e alla frase “ok! abbiamo registrato” detta dal Grande Claudio Sorrentino, devo essere sincera, stavo per svenire!!!
Io consiglio a tutti gli attori di assistere almeno una volta nella vita ad una registrazione in sala doppiaggio e ti spiego anche perché: di solito quando guardiamo un film decantiamo le lodi dei protagonisti (intendo degli attori fisicamente presenti sulla scena) ma quasi mai ci soffermiamo, nei titoli di coda, a leggere chi doppia chi. Vi assicuro che, ne cito due simbolicamente, che Bruce Willis e Leonardo Di Caprio non sarebbero diventati in Italia ciò che sono se non avessero avuto doppiatori rispettivamente come Claudio Sorrentino e Francesco Pezzulli. Doppiare è una cosa difficilissima e secondo me i doppiatori italiani sono strepitosi nel loro mestiere. Mi piacerebbe che qualcuno ponesse fine allo scempio che si compie giornalmente sulle reti televisive …mi riferisco all’anticipato taglio dei titoli di coda…E’ una mutilazione…Abbiamo diritto di sapere e di riconoscere i protagonisti di una professionalità così importante.

Una parola per descrivere Bruce Willis?

Sullo schermo? Affascinante. Ad occhi chiusi: pazzesco!

Un pensiero su Claudio Sorrentino?

Sorrentino è una persona sensibile che sa cogliere la verità di ciascuno che gli si para davanti. Un uomo profondamente motivato e per questo iper esigente. In poche parole, un uomo dai cui si può solo che imparare.


Nel 2009, passi dal teatro alla telecamera e il grande schermo ti vede protagonista nei panni di un uomo, del Boss, nel film “Totem Blue” per la regia di Massimo Fersini. Quali i punti di forza su cui avete lavorato?

Sull’ambiguità e la profondità del personaggio.


Quali consigli ti sentiresti di dare a chi vorrebbe intraprendere questa professione?

Cercate di stare più lontano possibile dai ciarlatani!!!

Guardando al futuro…

Penso a domani…a Bari …al Levante International Film Festival …alla proiezione del film al Fortino di S.Antonio alle 20.00.
Spero di avere l’assoluzione da parte del pubblico…e si,… “a dà passà la nuttata”…
Poi, poi si vedrà !

martedì 10 novembre 2009

L'Estroverso. Mensile di Informazione, Attualità e Cultura


Anno III Numero 6 Novembre – Dicembre 2009

L’Estroverso
Mensile di Informazione, Attualità e Cultura. (CT)


Il tempo, l’atomo e l’uomo.
di Carina Spurio

Nella vita quotidiana la nostra prima percezione di tempo è il susseguirsi di momenti. Misuriamo la nostra giornata attraverso gli appuntamenti, gli avvenimenti, e tutto ciò che ci accade in sequenza; come se la terra fosse piatta anche se tutti sappiamo che è sferica. I popoli primitivi, in assenza di orologi, si basavano sulla posizione del sole segnata su semplicissime meridiane e la concezione della ciclicità del tempo pareva essere condivisa da molti filosofi greci. L’antica categoria filosofica ci ha dato molteplici interpretazioni di tempo: “Immagine mobile dell’eternità” nella definizione di Platone. “Il numero del movimento secondo il prima e il poi” nella concezione di Aristotele, per lui, il tempo è “il numerato e il numerabile” e fino al XVII secolo le teorie cicliche di tempo sembrano convivere con la concezione del tempo lineare. Il Cristianesimo modifica e cambia le credenze occidentali in fatto di tempo, ma molti di noi, ancora oggi, vivono e lavorano pensando che il tempo sia non solo lineare ma anche fisso. Questa concezione del tempo è opera di Isaac Newton (1643/1727) grande scienziato inglese, le cui leggi hanno imperato nel mondo per ben due secoli; leggi famose come principi della fisica classica. Cosa affermava Newton? "Il tempo assoluto, vero e matematico, grazie e se stesso e alla sua natura, scorre uniformemente e non dipende da un qualsiasi agente esterno". Stesso concetto per quanto concerneva lo spazio. Ci pensa Einstein (1879-1955) con le sue teorie rivoluzionarie a spalancare le porte della fisica moderna, con la teoria della relatività ristretta del 1905, la quale racconta al mondo intero e meravigliato che non esiste alcun quadro di riferimento assoluto. Einstein, sostituisce i concetti newtoniani, con lo spazio-temporale e quadrimensionale (spazio, tempo, massa, energia) all'interno del quale il solo assoluto è la velocità della luce, poi, con la teoria della relatività generale nel 1916, in cui lo scienziato afferma che: “lo spazio e il tempo sono curvi per il peso della massa dei corpi in esso contenuti”; spazio-tempo curvi intorno a sé stessi come in una sfera chiusa. Se la teoria della relatività mette in evidenza diversi tipi di tempo, un passo ulteriore lo compie la meccanica quantistica , la quale, riunisce le teorie fisiche che descrivono il comportamento della materia a livello microscopico, (Max Planck) pronta a dimostrare che un corpo si muove a ritroso nel tempo. La meccanica quantistica si occupa della componente base dell'universo, l'atomo, compreso del suo nucleo e dei suoi elettroni. Dalle collisioni a prima vista casuali che si verificano fra le particelle atomiche si nota che alcune di esse rimbalzano nel loro passato e si scontrano con altre particelle, per poi tornare di nuovo nel presente. La nostra vita quotidiana ci fa pensare che ciò sia impossibile, ma alcuni fisici che seguivano le teorie dell'americano Richard P. Feymann, confermavano il percorso delle particelle atomiche pur sapendo che le prove matematiche e scientifiche per dimostrarlo erano molto complesse. Se la materia si muove dal presente al passato è possibile che la mente dell'uomo possa compiere lo stesso percorso e andare contro il tempo convenzionale? La scienza dice no. Il tempo passato è passato, il presente è adesso, il futuro non esiste è ipotetico; una realtà non avvenuta e ancora in potenza. Nel frattempo i fisici moderni hanno fatto molti progressi e sembra attuale il momento di rimettere in discussione le concezioni del passato fra materia, mente e spirito. Questo universo oltre alla sua natura misteriosa, avrebbe altre particolarità sconvolgenti. Secondo Bohm (Fisico dell’Università di Londra), oltre agli atomi, anche il percorso delle particelle subatomiche mostrerebbe un livello di realtà del quale siamo inconsapevoli. La loro separazione parrebbe apparente e questo potrebbe significare che ad un livello ancora più profondo tutte le cose siano collegate infinitamente e gli elettroni di un atomo di carbonio del cervello umano, potrebbero essere connesse con le particelle subatomiche di un pesce che nuota, di un cuore che batte, di un astro che brilla in cielo. Tutto compenetra tutto e la natura è un'immensa rete collegata. Nell’infinitamente piccolo, l’atomo si rompe insieme a tutte le particelle che lo compongono. Le particelle subatomiche incontrandosi ad alta energia spariscono senza un perché, altre, appaiono senza un senso logico (Premio Nobel Rubbia). Nel mondo sconosciuto l’infinitamente piccolo diventa immenso. E’ sorprendente scoprire che nell’ aria ci sono milioni di miliardi di miliardi di atomi. La mente umana si confonde, come quando con il naso all’insù e lo sguardo incollato al cielo cerchiamo di contare i miliardi di stelle. Davanti a quel cielo noi esseri umani siamo il nulla, eppure all’infinitesimo, le particelle atomiche e subatomiche che lo compongono è infinitamente grande. In un battito di cuore milioni di miliardi di miliardi di atomi diffondono la loro energia che nell’uomo si trasformerà in vita e pensiero. In un cielo puntellato di stelle che sembrano tutte uguali, come immagini di mondi lontani e sconosciuti, troviamo l’atomo del carbonio, dell’azoto, dell’idrogeno, dell’ossigeno. L’atomo, nelle sostanze viventi è alimento, zucchero nella frutta ingerita dall’uomo, fluisce nel suo sangue fino a raggiungere la cellula nervosa e si trasformerà in pensiero in un lontano ricordo, oppure, uscirà dai nostri polmoni di nuovo libero nell’aria mentre respiriamo. Viviamo dell’energia del sole, continuamente trapassati dalla sua luce, sfiorati dalla sua energia come i microrganismi, la formica, il leone e l’elefante. La natura, immersa nelle sue tante elaborazioni ci stupisce in silenzio e sotto la diretta complicità della luce degli atomi compie le sue trasformazioni, non esclude l’uomo; un curioso individuo con un’anima che si muove su un insieme di miliardi di miliardi di atomi che allineati in modo unico ed irripetibile mettono in moto la sua fantasia ed il suo pensiero. L’uomo in futuro farà ancora molte scoperte e chissà se mai attraverserà l’antro della conoscenza totale di ogni cosa mentre si muove nel mondo tra l’arte, la scienza, la cultura e la fede.

sabato 24 ottobre 2009

Immaginate la regazza. Giovanni Catalano

Giovanni Catalano

Immaginate la ragazza
Collana a cura di Valentino Ronchi
Lampi di stampa, 2008

di Carina Spurio

La lotta quotidiana non è solo quella con il tempo ma anche quella con le parole che mantengono intatta la purezza del senso quando provengono da un’esperienza comune, sebbene siano inserite nel disagio di vivere tra finito e infinito nel caotico esistere pieno di colorate chimere. Giovanni Catalano nella sua raccolta poetica dal titolo “Immaginate la ragazza”, Lampi di stampa, 2008, conferma che tra poesia e vita non c’è differenza, entrambe, possono coesistere nel momento in cui riflettono l’essere intento a vivere la vita e a scandire il suo ritmo tra mille oggetti sparsi in uno spazio variabile:
<>.
In un piccolo frammento di tempo si trovano sentimenti deliziosi che si rinnovano con incredibile forza all’interno di un secondo che rievoca il suono dell’amore. L’amore è un groviglio ma anche sconvolgimento, caos che da forma alle immagini interiori. <>, come se fossimo strappati da uno stato di quiete collegato con qualcosa che ad un tratto si trasforma e muta con forza imprevedibile, la forza dell’amore. Giovanni Catalano lo conferma e scrive: <>. In poche righe si avverte il bisogno di lacerarsi e di lacerare, accanto al rapimento che colpisce nel profondo dell’anima mentre si è intenti ad inventare il significato dell’altro; verso l’orizzonte, tra nuvole imbronciate, i fantasmi interiori emergono ed hanno un nuovo nome, una nuova essenza. Nella fase della fascinazione si resta incantati da un’unica immagine e il senso di questa affermazione, Giovanni Catalano, lo racchiude in questo passo splendido: <>. In questa chiusa si percepisce quella specie di forza di gravità che come un’immagine allucinatoria si eleva dalla realtà interiore; teneramente abbracciata a quei tratti somatici dai quali non si può sfuggire. Poi, la vita vera, e : <>.
L’incantesimo si frantuma vivendo, si confonde con l’oggetto del desiderio nei gesti quotidiani fino al momento in cui, il giovane autore, con i sensi ancora caldi descrive drammaticamente l’epilogo d’amore: <<>>. Nel pianeta dell’amore ci sono le premesse e le promesse, ma anche un senso di eternità esposto alla caducità del tempo. Tutti sappiamo che la dimensione dell’eterno è sfiorata dall’ombra del destino e che le storie finiscono, sebbene tendiamo a viverle come se durassero per sempre. Giovanni Catalano ne è consapevole fino in fondo e ricorda: <<>>.
Le pagine della silloge scorrono quanto le immagini intrise di emozioni, di attimi in cui, qualcuno si guarda negli occhi per la prima volta in luoghi o situazioni occasionali. E nelle immagini che confinano il pathos dell’amore, cade una pioggia leggera, si posa su lenzuoli invisibili che proteggono amori vissuti o immaginari, i quali, non lasciano traccia ma l’ansia di un attimo diviso in quattro sezioni in una delle quali la ragazza si distrae nei gesti quotidiani e : <<>>.


Giovanni Catalano (Palermo, 1982) vive e lavora a Milano. Questa é la sua opera prima. Immaginate la ragazza, certo, ma non solo. Perché qui si tratta di un piccolo calibrato canzoniere, fitto di amori e di visioni ottenute attraverso lenti deformanti - o formanti, a seconda dei punti di vista. Scene, luoghi e personaggi dall’oggi che si ripresentano in una sorta di eterno ritorno ma anche improvvise sortite nell’infanzia e nell’adolescenza, o anticipazioni di un futuro ancora lontanissimo eppure già profetizzabile. Prefazione di Gianluca Chierici e postfazione di Domenico Cipriano.

venerdì 2 ottobre 2009

Narciso. Carina Spurio

Unheimlich scriveva Freud, il perturbante, ciò che dovrebbe restare nascosto eppure riaffiora. Di fronte al perturbante l’Io ha due scelte: seguire la via della fascinazione che conduce ad una catabasi o tradurre in arte questo surplus che confonde, è presente e vivo eppure sfugge alla comprensione. Carina Spurio sceglie questa seconda via e fa del verso poetico una necessità, una fuga dall’apnea. Plasma il verso e spalma se stessa nella parola, non fugge, mescola e fa proprio quell’eccesso di vivere che non rende vana l’esperienza poetica.
Il canto assume così un sapore materico: la scrittura ha per Carina Spurio un peso corporeo, un pieno approccio sensoriale, che mischia e si fonde nella rilettura, nello straniamento. Ed ecco Lacca di Garanza che non è revisione ma vera e propria creazione a partire dal colore, ecco Il sapore dell’estasi che già attraverso il titolo conduce per le strade di un ossimoro vissuto senza paura di bruciarsi. Perché la scrittura a piene mani di Carina ha tutta la vita delle farfalle di Montale che si avvicinano alla luce pur sapendo di bruciarsi le ali, perché la poesia non ha nulla delle finzioni di “chi crede che la realtà sia quella che si vede”. Non è questa l’esperienza di chi guarda il polipo ( “sei lui, ti credi te” ) ma quella del mare: “essere vasto e diverso e insieme fisso”, che rigetta sulla spiaggia “le inutile macerie del suo abisso”. E’ l’esperienza del contatto con un marasma di sensazioni che ruotano senza sosta, che non prescinde dal valore del ricordo, dell’appropriazione: “ora sì, posso dire che mi appartieni, che qualcosa tra di noi è accaduto, irrevocabilmente”; è l’esigenza di fermarsi per capire, allontanarsi, prendere tempo in questo eccesso. C’è l’amore in queste pagine di Carina Spurio che non è amore semplice ma quello vasto “che brucia la vita e fa volare il tempo” cui la poetessa non si sottrae, nel quale affonda le mani per trovare colore in un barattolo di vernice pieno, amore che non sia solo “la favola bella che ieri m’illuse, che oggi t’ illude” ma anche quello totalizzante che inizia con l’ascolto, la percezione dell’orecchio musicale, infine, la percezione privilegiata che è poesia. Perché “l’amore aiuta a vivere, a durare”, è cecità della ricerca, ingenuità a prescindere, mistificazione per non sapere. Rifiuto alla resa nel volgersi a “ciò che è in noi oppure non esiste”. Carina Spurio gode del valore della Possibilità, conosce il valore dell’attesa perché ha conosciuto l’assenza: in fondo ha vissuto appieno. Siamo ben oltre una scrittura di compiacimento, ogni parola è scavata nell’anima “come in un abisso”, siamo molto vicini alla poesia di Jenny Mastoraki, ad Eliot, a Neruda. Si è vicini all’aprirsi “alle parole d’amore che non ti ho detto”, all’amare anche quando non si ama perché Carina Spurio sa bene che “la fede è una persona”.
Asteria Casadio

sabato 26 settembre 2009

Ugo De Vincentiis. La Gola.

Carina Spurio è nata a Teramo. Si è diplomata all’Istituto Magistrale Giannina Milli di Teramo. Ha scritto e pubblicato quattro raccolte poetiche: Il Sapore dell’estasi 2005 Edizioni Kimerik riproposto in edizione aggiornata nel 2006, Lacca di Garanza 2007 Ed. Il filo s.r.l Roma. Tra Morfeo e vecchi miti 2008 Ed. Nicola Calabria Editore. Le sue poesie sono state pubblicate in 30 Antologie Poetiche. Due sue Antologie Poetiche sono testo scolastico: Antologia “I Nuovi Poeti Italiani”. 2007, Vincenzo Grasso Editore e “Conoscere la Metrica” attraverso i Poeti Classici Contemporanei. 2008, Vincenzo Grasso Editore. Di recente redatto la premessa del testo poetico “Silenziosi frutti” di Stefania Pierini, edito dall’Accademia della Fonte Meravigliosa di Roma. Collabora con diversi mensili; Hermes Periodico Mensile Di Informazione e Cultura, Domus Periodico Di informazione Immobiliare, Buono e Bello tracciati di cultura, tradizione e società, L’Unico quotidiano web di Roma, Il ReteGiornale. Teramani.net, Il giornale 24 ore .
Dal suo esordio, avvenuto alla Villa Suite di Teramo nell’agosto 2005, la sua produzione letteraria vanta più di 30 testi editi. “Carina Spurio torna con un’antologia curata personalmente dal titolo Narciso dopo aver emozionato il pubblico italiano e straniero (basti pensare al successo di Lacca di garanza – ed Il Filo – nelle librerie francesi). I suoi versi, di una musicalità unica, cantano il microcosmo delle percezioni e coinvolgono il lettore come solo la lingua dei veri poeti sa fare. Evocazione ed immedesimazione si fondono grazie alla forza emozionale di una voce che può considerarsi a buon diritto una delle più nuove delle letteratura.” Collana Evoé Voci

domenica 13 settembre 2009

Comitato di Studi In Onore di Giammario Sgattoni


COMITATO DI STUDI IN ONORE DI GIAMMARIO SGATTONI
Viale Europa, 49-64100 Teramo – Tel. 0861.411094
www.comitatosgattoni.com
comitatosgattoni@gmail.com


Dopo l’edizione del volume curato dal Comitato, Questo impavido canto di resistenza, edizione critica di una silloge poetica sgattoniana che tanti consensi ha ricevuto, il Comitato di studi in onore di Giammario Sgattoni rende noto che, nell’arco della programmazione 2009-10, il primo appuntamento sarà costituito da un convegno di studi che si terrà a Teramo a fine novembre, mirante ad approfondire in campi diversi l’eclettica opera dell’illustre Concittadino. Prenderanno parte alla discussione i Prof. Moretti e Forlizzi che si occuperanno dello Sgattoni letterato, il Dott. Capezzali che ricostruirà l’apporto del Nostro nella Società di Storia Patria e la Prof.ssa Ghisellini che analizzerà gli studi sgattoniani in campo archeologico. Porterà il suo saluto ed illustrerà la feconda attività del Comitato il presidente Prof. Casadio. Il convegno infatti, vuole essere un’apertura e un rendiconto alla cittadinanza dei lavori del Comitato, un primo colloquio condotto da specialisti che intendono rendere più fruibile l’opera sgattoniana attraverso una ricerca che non trova il suo punto di arrivo nel convegno e non ha nulla dell’estempoaraneità e della celerità di studi condotti dai non addetti ai lavori. Per i suddetti motivi il convegno, pur avendo il rigore scientifico richiesto, non si sottrarrà al dibattito.


Teramo 08/09/09 Il presidente Prof. Valerio Casadio

martedì 11 agosto 2009

Nerito di Crognaleto Reading di Poesia

Tra il silenzio e la tecnologia
di Giulia Savini

Si pensa che la poesia sia dimenticata perché si vive in un mondo fatto di computer, netlog, telefonini e quan’altro. Per alcuni , però, la poesia non è dimenticata, anzi, ha cambiato modo di vestirsi. La si ritrova nelle strofe delle canzoni, nei 160 caratteri di un sms, nella velocità delle emails, come a darci coraggio prendendoci per mano e spiegandoci il mondo delle emozioni. Per questo motivo, il terzo appuntamento dedicato alla poesia ed alla prosa che si è svolto a Nerito di Crognaleto è stato un reading. Il progetto di lettura è nato da un’idea al femminile, infatti, il reading è stato organizzato da Rita Spurio, Rosaria Rossi e curato da Carina Spurio. L’evento culturale è stato dedicato alla costante ricerca del confronto in nome della comunicazione; tra il coinvolgimento emotivo di ogni artista che ha ascoltato la lettura della sua opera e la serenità che una terra di montagna dona a chi la sa amare e rispettare. Ognuno dei 50 partecipanti è stato presentato al pubblico e chi di loro era presente, ha ascoltato le lettura della sua opera ed ha ricevuto un diploma di partecipazione. Ha condotto il reading Maria Rita Piersanti intervallata dalle voci recitanti di Ilario Lorusso e Letizia Palumbi. Poco prima della conclusione della manifestazione, il Sindaco di Nerito di Crognaleto, Giuseppe D’Alonzo ha salutato i partecipanti al reading ponendo l’accento sul disagio che il sisma ha procurato alla nostra terra, ed ha affermato che, in un momento duro come questo la poesia è l’alternativa giusta per ricongiungere il passato con il futuro.
Hanno partecipato:
Vinia Mantini di Ortona, Caterina Falconi di Giulianova, Fernando D’Angelantonio di Cermignano, Pino D’Ignazio di Teramo, Paola Rodomonti di Teramo, Giammario Sgattoni con la raccolta poetica pubblicata post mortem dal titolo “Questo impavido canto di resistenza” Edizioni Evoè,2008, Daniela Bruni curzi di San Benedetto del Tronto,Gabriella Falanga di Giulianova,Walterina Rosati di Giulianova, Giuliana Sanvitale di Giulianova,Tonino Di Natale di Teramo, Stefania Pierini di Roma, Maria Di Blasio Ricci di Teramo, Roberto Cornice do Ornano Grande frazione di Colledara (Te), Giovannantonio Macchiarola, poeta-attore-performer pugliese, Irene Quaranta di Nerito di Crognaleto, Iannascoli Elisabetta di Montesilvano, Danilo Scastiglia di Chieti, Asteria Casadio di Teramo, Matteo Pazzi di Voghiera (Fe), Gino Romani nato a Cesacastina, Francesco Olivieri di Verona, Marina Ulisse di Roma, Lucia Marcone di San Pietro di Isola del Gran Sasso (Te), Prof. Giuseppe Lucca di Perugia, Ivan Pozzoni di Monza, Luca Liberti di Battipaglia, la giornalista de “Il Centro” Azzurra Marcozzi di Giulianova, Daniela Facciolini giornalista di Teramo, Lirim Alija di Skopje Macedonia, Roberto Colasuonno di Roma, Gianpaolo Altamura nato a Salerno ma residente a Teramo, Gianni Pierdomenico di Giulianova, Manuela Romitelli di Castelli (Te), Chiara Scarlato di Pescara. Per la sezione ragazzi: Veronica Sacripanti,Luca Pelusi, Isabella De Baptistis, Martina Di Felice, Letizia Liberato, Stefano Verzieri, Veronica Piccinini, Rebecca Carrano, Stellato Micol con le poesia scritte nella classe 3° e 4° elementare Scuola San Giorgio di Teramo, dedicate all’Amico Pinco, selezionete dall’insegnante Anna Cortellini. Per la sezione dialettale: Concetta Zilli di Cesacastina e Giuseppe Urbani di Teramo.

sabato 8 agosto 2009

Nerito di Crognaleto Prosa e Poesia

Nerito di Crognaleto
Reading di Prosa e Poesia:

La parola al di là del tempo e dello spazio.

Emozione e magia si percepivano nell’aria. Grande successo del reading di poesia e prosa che si è tenuto ieri a Nerito di Crognaleto a partire dalle 18. Erano gli anni '20 quando Svevo, in una pagina del quarto romanzo rimasto incompiuto, immaginava l’umanità futura descrivere la propria vita attraverso la scrittura, e impegnata in una sorta di autocelebrazione . "Ognuno leggerà se stesso". Il paradosso sveviano, sembra ai nostri giorni, essere divenuto realtà, malgrado la lettura dell’altro, tra il caos della vita moderna, uno squillo di cellulare e il rumore del traffico, esiste ancora. Magari una lettura molto soggettiva di "cosa capita" e "cosa mi pare". Per questo motivo, il terzo appuntamento dedicato alla poesia e alla prosa è stato caratterizzato come un reading. Un libro letto insieme, che sia poesia o prosa, è apertura, supera i confini delle solitudini, stimola la nascita di nuovi autori. L’evento culturale, si è svolto in una paese molto suggestivo della provincia di Teramo; Nerito di Crognaleto, ed è stato dedicato alla ricerca costante del confronto in nome della comunicazione, tra il coinvolgimento emotivo di ogni artista che ascolta leggere una sua opera e la serenità che una terra di montagna dona a chi la sa amare e rispettare. Il nuovo progetto, nato da un’idea tutta al femminile, intende sperimentare negli anni, una varietà di combinazioni che fondono versi, prosa, pittura, musica e fotografia. L’iniziativa, oltre a sostenere varie attività, valorizza il patrimonio naturale e storico – culturale, salvaguarda una zona a rischio progressivo di spopolamento, protegge l’artista e le sue nuove visioni, testimonia l’arte, nel momento in cui la storia della vita emerge dall’inconscio e vuole farsi raccontare in parole. Il successo della scorsa edizione ha confermato la sezione dedicata alla poesia dialettale. L’organizzazione ed il bando sono stati a cura di Carina Spurio.
“Il Tempo muove e trasforma. Muta la materia, che tra un prima e un dopo, diviene. E mentre il passato disturba il futuro con immagini sbiadite e stanche, chi crea, insegue un canto di resistenza e scrive : I miei pensieri/ si rincorrono ansimando,/si arrotolano su sé stessi/imitando le rughe del tempo./Nel buio mi tento,/vorrei che nessuno vedesse/quel mostro destarmi,/distrarmi dal sonno/affinché io possa /sporcare un’assenza,/ nelle notti in cui/poesia ancora urla/e nessuno la sente,/persino l’autore,/tra sillabe e accenti/scompare nell’ambigua sintassi/che si muove nel bianco/e nel reale imperfetto,/mentre qualcun altro dorme/ e aspetta il domani. “Mostro o Poesia” di prossima pubblicazione nell’Antologia Poetica Democratika LiminaMentis Edizioni 2010. C.S.”
Il reading è stato condotto da Maria Rita Piersanti, la voci recitanti sono state quelle di Ilario Lorusso e Letizia Palumbi. Assente per motivi familiari, il Dott. Vincenzo Di Michele autore del libro “Il prigioniero in Russia” del quale è autore e vincitore dei premi alla vita e alla cultura alpina e alla ricerca storica, con oltre 20.000 copie vendute. La Dott.ssa Marina Cesira D’Innocenzo invece è intervenuta con una sintesi sui “I segni del tempo sulla materia del patrimonio culturale”.
La giuria è stata così composta:
Fiorella Zilli (Insegnante), Dott.ssa Cesira D’Innocenzo (Architetto), Maria Savini (Insegnante), Dott.ssa Valentina Savini (Archeologa), Anna Cortellini (Insegnante), Dott. Sandro Galantini (Storico e Giornalista).Ai partecipanti è stato consegnato un diploma di partecipazione in pergamena in ricordo dell’evento.
Hanno partecipato:
Vinia Mantini di Ortona con poesia singola, Caterina Falconi di Giulianova con il romanzo “Sulla breccia” Edizioni Fernandel 2009, Fernando D’Angelantonio di Cermignano con il testo poetico dal titolo “Il paese degli angeli” Edizioni Tracce, 1998, Pino D’Ignazio con la raccolta poetica “Poesia” Edizioni Demian, 2006, Paola Rodomonti con la raccolta poetica dal titolo “Canto per gli orfani” Media Edizioni, 2008, Giammario Sgattoni con la raccolta poetica pubblicata post mortem dal titolo “Questo impavido canto di resistenza” Edizioni Evoè,2008, Daniela Bruni curzi di San Benedetto del Tronto con poesia singola,Gabriella Falanga di Giulianova con la silloge poetica “Nottetempo” pubblicata dalla casa editrice Ricerche & Redazioni, 2007,Walterina Rosati di Giulianova con il testo poetico “Rocce e Sorgenti” Orao Edizioni, 2005, Giuliana Sanvitale di Giulianova con il testo poetico “treno in sosta treno in corsa” Andromeda Edizioni, 2008,Tonino Di Natale di Teramo con poesia singola, Stefania Pierini di Roma con la silloge poetica “Silenziosi frutti”, Maria Di Blasio Ricci di Teramo con la raccolta poetica “Emozioni” Edzioni “La Luna”,2008, Roberto Cornice con il testo poetico “Risveglio” Editoriale Eco s.r.l San Gabriele, 2004, Giovannantonio Macchiarola, poeta-attore-performer pugliese con poesia singola, Irene Quaranta di Nerito di Crognaleto con poesia singola, Iannascoli Elisabetta di Montesilvano con poesia singola, Danilo Scastiglia di Chieti con il romanzo dal titolo “Alchimie” Edizioni Simple, 2008, Asteria Casadio con il romanzo “Assenze” GuidaEditore,2007, Matteo Pazzi di Voghiera (Fe) con poesia singola, Gino Romani nato a Cesacastina con poesia singola, Francesco Olivieri di Verona con il cortoromanzo pop “La Milonga dei maroni cotti” Editore Leone, Milano, 2009, Marina Ulisse di Roma con poesia singola, Lucia Marcone di San Pietro di Isola del Gran Sasso (Te) con il prestigioso romanzo “La donna di Carbone” Andromeda Editrice, 2002, Prof. Giuseppe Lucca di Perugia con poesia singola, Ivan Pozzoni di Monza con poesia singola, Luca Liberti di Battipaglia con poesia singola, la giornalista de “Il Centro” Azzurra Marcozzi di Giulianova con poesia singola, Daniela Facciolini giornalista di Teramo con poesia singola, Lirim Alija di Skopje Macedonia con poesia singola, Roberto Colasuonno di Roma con poesia singola, Gianpaolo Altamura nato a Salerno ma residente a Teramo, con la raccolta poetica “Tra L’universo e il mare” Evoè Edizioni, 2009. Gianni Pierdomenico di Giulianova con poesia singola, Manuela Romitelli di Castelli (Te) con poesia singola, Chiara Scarlato di Pescara con poesia singola. Per la sezione ragazzi: Veronica Sacripanti,Luca Pelusi, Isabella De Baptistis, Martina Di Felice, Letizia Liberato, Stefano Verzieri, Veronica Piccinini, Rebecca Carrano, Stellato Micol con le poesia scritte nella classe 3° e 4° elementare Scuola San Giorgio di Teramo, dedicate all’Amico Pinco, selezionete dall’insegnante Anna Cortellini. Per la sezione dialettale: Concetta Zilli di Cesacastina con poesia singola e Giuseppe Urbani di Teramo con la raccolta poetica ”Screvenne lu passate”.

Ha recitato una poesia fuori concorso il poeta teramano Mauro Angelozzi.

Hanno esposto le loro opere d’arte:
Paola Rodomonti
Daniela Savini

Sponsor
Fly on Caffè
Rita Spurio

Allestimento floreale
“Progetto verde”
di Alessandro Di Donatantonio
Maria Grazia Filipponi

sabato 25 luglio 2009

Francesco Olivieri

Francesco Olivieri
La milonga dei maroni cotti

di Carina Spurio

La milonga dei maroni cotti.
E’ il titolo del cortoromanzo pop di Francesco Olivieri, scritto in maniera ironica e divertente. L’autore, servendosi di espressioni comiche affronta il comune senso del pudore e del buon gusto senza remore. All’interno del libro, i malesseri della nostra epoca si susseguono in capitoli, tra accenti di costume, politica e psicopatologie di vita quotidiana che contribuiscono alla danza dei “maroni cotti” , i quali, “ruotano” anche su ciò che le donne da sempre fingono di non sapere e di non vedere, come in questo passo:
Spendi e spandi
“Io capisco il calvario di Gesù. Sì, sì, io non solo lo capisco, ma l’ho provato varie volte. E tutte le volte ho tentato di esimermi da questa tortura tutta al femminile, ma nulla fa fare. O calvario o niente gnocca. Vuoi il triangolo delle Bermuda? Allora soffri in silenzio, non rompi le palle e subisci le vagonate di chilometri a piedi verso i negozi di profumeria, di abbigliamento, calzature e gioielli. Le tappe erano quattordici per Cristo, io invece so quando si comincia, ma non so quando si finisce. L’iPod non lo puoi portare, sembra che te ne sbatti. Non puoi neanche telefonare agli amici. Devi dimostrare un atteggiamento d finto interessato, mentre già al secondo negozio dove la tua lei ti scarrozza a mò di cagnolino hai le palle che, a ritmo sincrono, stanno ancora nuotando nella piscina olimpionica che hai lasciato pochi minuti fa per iniziare un viaggio negli inferi, senza sapere se ci sarà un Virgilio che verrà a prenderti. La voce, che al principio è normale, quasi possente, già a metà pomeriggio, circondato da commesse isteriche, abiti inguinali, profumi di ogni genere, aria condizionata a palla che ti annienta la possibilità di girare il collo, dicevo, la tua voce diviene sempre più flebile. […] Intanto, mentre lei si prova mezzo negozio, tu ti fai uno screening della gnocca che circumnaviga i quattro lati di quel posto fatto apposta per il genere femminile, Vedi, al di là della sala prove, uno sguardo vuoto, ti riconosci e ti accorgi che un altro come te sta passando lo stesso calvario. […] Ma tu sei uno stoico, anche se sei lì quasi sul punto di dire ma vai a fare in culo te e le tue stupide compere. Pazienti, cerchi il nirvana in te, ti senti un asceta, reciti il mantra con l’Om cosmico, e focalizzi il tuo pensiero su quel meraviglioso organo che ha la lei tra le gambe e che tra poche ore avrai in premio. […] Torni a casa con la lei illuminata come una madonna dopo l’ascesa al cielo. Porti, sì tu porti il tutto a casa, lei si butta sul letto, ti dice: <>. Le alternative sono due: o la uccidi, oppure la trombi e la uccidi. Decidi per la terza, dormi e speri si svegliarti in un altro mondo.”

Tradizione comica, che vede “gli ultimi uomini”, come li definisce Nietszche, ripercorrere lo stereotipo che celebra l’edonismo e convogliare le energie vitali verso i bisogni del proprio ego, nel tempo in cui, il nuovo individuo si uniforma socialmente e si frammenta spiritualmente, schiavo, in alcuni casi, delle leggi del mercato e del culto dell’immagine. Francesco Olivieri, entra in maniera consapevole nelle tristi verità della nostra vita, legittimata da ritualistiche cerimonie e dai riti del quotidiano che provengono dalle famiglie benedette, le quali, ciclicamente tramandano di padre in figlio violenze psicologiche che i discendenti adottano in nome dell’amore. Evidenzia le difficoltà degli adolescenti, il desiderio del posto fisso, le ansie sessuali, dando vita ai pensieri prigionieri di elementari condizionamenti, da cui, lo stesso autore trae l'autoironia. Francesco Olivieri, verga le difficoltà della nostra epoca che tra doveri, piaceri, ansie, ossessioni danzano in un grottesco realismo, irrigidito dagli schemi e narcotizzato dalle convenzioni a cui, una massa conforme e contenta, si amalgama per insicurezza.

La milonga dei maroni cotti
Cortoromanzo pop
Editore Leone. Milano
Giugno 2009
Francesco Olivieri è nato a Bologna nel 1975. Vive a Verona. Laureato in Scienze della comunicazione, dopo aver collaborato per quattro anni con il Corriere del Veneto e il Corriere di Verona. Attulmente scrive su quotidiano gratuito Dnews e sulla riviste di NoemaPress. Nel suo cuore c’è sempre la musica: ha scritto per Jazzit. Oltre ad occuparsi di giornalismo, lavora presso la direzione commerciale di poste Italiane. Ama profondamente le donne, la buona tavola e festeggiare con gli amici ogni piccolo evento della vita.

sabato 11 luglio 2009

Teramo. Il mensile della città.Giugno 2009

CARINA SPURIO, NUOVO TALENTO DELLA SCRITTURA
La poesia intesa come fluire dell’anima e folgorazione dei sensi
di Lucia Mosca

Carina Spurio, talento della scrittura. Nata a Teramo, si è diplomata all’Istituto Magistrale Giannina Milli di Teramo. Ha pubblicato varie raccolte poetiche: “Il sapore dell’estasi” (Kimerik, 2005), “Il sapore dell’estasi”, in riedizione aggiornata (Kimerik, 2006), “Lacca di garanza” (Il filo, 2007), “Tra Morfeo e vecchi miti” (Nicola Calabria Editore, 2008), “Narciso” (Evoè, 2009). Trenta le antologie poetiche che in tutto contengono sue opere. Di recente ha redatto la premessa di “Silenziosi frutti” di Stefania Pierini, edito dall’Accademia della Fonte meravigliosa. Collabora con diversi mensili: Hermes, Domus, Eidos, Notizie Donna, L’unico; Il ReteGiornale. Affascinata dal mondo della scrittura, Carina dichiara di aver sempre “amato spiare la penna muoversi nel bianco tra un tratto continuo e uno spezzato. Nello stesso bianco, senza più spazio, vedere riempirsi quel vuoto”. Folgorata da Il piccolo principe di Antoine de Saint_Exupéry; libro “divenuto ormai senza tempo e senza età tra il senso della vita, l’amore e l’amicizia”, ha poi proseguito nella propria crescita con Un Uomo di Oriana Fallaci nel periodo dell’adolescenza. Porta sempre con sé Il Codice dell’anima di James Hillman. Dice di amare Teramo, “con tutti i suoi limiti di città di provincia anche quando diffida dei nuovi talenti e come una donna frigida non sente il piacere”. Narciso è un’antologia poetica che contiene liriche autobiografiche selezionate dai quattro libri di versi pubblicati nel triennio 2005-2008. Sei liriche sono inedite e tra queste si trova appunto la poesia “Narciso” dalla quale prende il nome la raccolta. Si tratta del quinto testo poetico edito in cui si capta la folgorazione di Carina per la poesia. “Narciso - spiega Carina - si specchia da secoli nel mito e nella sua immagine, tra limpide acque e silenziose nostalgie, rapito dal suo mistero; proprio come ho fatto io stessa cercando all’interno della mia produzione poetica la mia essenza. Di conseguenza l’immagine di copertina realizzata da Giampiero Pierini, acquerellista romano è un ritratto, il mio”. La sua scrittura è rivolta ad un pubblico “sveglio che comprenda i dolori che restano ignoti al mondo, uno fra questi è il dolore del poeta simile ad un rovello avvilente, compulsivo”. Scrive di lei Maurizio di Biagio, giornalista: “In Carina Spurio anche l'amor - che move il sole e le altre stelle - fa rima con cuor. Garcia Lorca nella mente e nell'anima, e umori, e braccia, e colli sfiorati, per mondi sensibili e dannatamente terrestri, viscerali. In poche parole "Syn e aisthànestai", per la poetessa "insieme e percepire", associazioni vaganti all'interno di un'unica immagine, completa di sostantivi e aggettivi appartenenti a sfere sensoriali diverse, che in un rapporto di reciproche interferenze danno origine a un'immagine vividamente inedita.

sabato 27 giugno 2009

Comunicando...

Ominidi
di Carina Spurio
C’era una volta un nostro antico progenitore che emetteva suoni non articolati e attraverso i movimenti del corpo rappresentava situazioni e stati d’animo da interpretare. I primi Ominidi, (dai quali proveniamo), non erano in grado di parlare. La composizione dei loro teschi, studiata successivamente, ha evidenziato una posizione della laringe che impediva l’articolazione dei suoni usati normalmente per parlare. Il codice di comunicazione primitivo era fatto di gesti improvvisati, per dare l’idea di ciò che non si riusciva a tradurre in suono. Si arrivò alle prime forme di linguaggio parlato 40.000 anni fa con l’ Homo Sapiens; “egli ha la fronte non sfuggente, i denti di dimensioni ridotte e il mento osseo. Costruisce strumenti complessi; le sue tecniche di caccia non sono rudimentali; seppellisce i morti. La sua vita materiale ma anche quella spirituale è molto sviluppata. Vive in clan. La raccolta, la caccia e la pesca costituiscono i suoi mezzi di sussistenza ed ha inventato sofisticati metodi per procacciarsi il cibo e per conservarlo; possiede diverse tecniche di costruzione, si veste con pelli e si orna con gioielli di ambra e conchiglie.” Con l’ Homo sapiens assume maggiore peso l'evoluzione culturale: si perfezionano nuove tecniche di caccia e guerra, compaiono manifestazioni grafiche (pitture e graffiti ritrovati nelle grotte che servivano da abitazione) oggetti scolpiti con valore magico – rituale e il geroglifico, nel quale è contenuto un grande potere perché il simbolo resta impresso nel tempo, anzi, al di là del tempo. Nella storia della comunicazione hanno lasciato una traccia quei nostri lontani antenati che hanno iniziato ad avvertire l’esigenza di lasciare una testimonianza che andasse oltre il tempo e di fatti per loro importanti (battute di caccia e combattimenti). La caccia riuniva, teneva vivi i rapporti di parentela e di amicizia. Le raffigurazioni di scene con figure umane e le battute di caccia che vedevano protagonisti gli animali realizzati in graffiti, sembrano essere i primi prodotti artistici dell’umanità. Il tentativo rudimentale segna l’inizio dell’Arte che racconta un linguaggio con le immagini, le quali, oltre ad avere caratteristiche di durata nel tempo, trasmettono il proprio messaggio senza l’esigenza di essere presenti come invece accade con la comunicazione verbale.
Un graffito della lontana Preistoria è un messaggio semplice dal quale ricavare informazioni, segnala la prima forma di scrittura “ideografica” nella quale, il segno, aveva un preciso significato ( i geroglifici egiziani) malgrado le altre forme di comunicazione non verbale; i grandi tamburi di legno (tam-tam), utilizzati per tradizione da molti popoli africani e asiatici e i segnali di fumo degli Indiani d’America.
Il succedersi delle generazioni e i contatti tra i diversi gruppi, anche in seguito agli spostamenti delle tribù, contribuirono ad evolvere la comunicazione verbale. Fu proprio la parola ad esprimere i sentimenti, le idee e a far comprendere agli uomini che poteva essere possibile lasciare una testimonianza dei propri stati d’animo attraverso la scrittura e il suo potere evocativo (permette, in chi legge, di usare l’immaginazione).
Dopo la scrittura un passo avanti lo ha compiuto la stampa. E’ grazie alla stampa che un testo scritto può essere diffuso e conservarsi nel tempo. Nel XV secolo, Gutemberg, usò la stampa a caratteri mobili che aveva un particolarità; ottenere un maggior numero di copie in breve tempo rispetto ai manoscritti del Medioevo splendidamente illustrati, veri capolavori artistici. A partire dal XIX secolo, nuove forme di comunicazione cambiarono la storia della comunicazione. Il primo mezzo che consentì di trasmettere i messaggi a distanza sfruttando l’elettricità fu il telegrafo (verso i primi dell’800) e verso la fine del secolo arrivò un’invenzione ancora più rivoluzionaria “il telegrafo senza fili”( la radio). Dai messaggi in codice si passò a quelli dei suoni e quindi alla trasmissione della voce umana. Contemporaneamente alla radio, nasceva “il Radiocorriere”, il primo giornale dei programmi radio. Spesso siamo soliti affermare che la nostra è la civiltà dell’immagine, senza magari fermarci prima a riflettere. Siamo praticamente bombardati dalle immagini, tendiamo a perdere di vista che l’immagine si imprime nella nostra mente più della parola.Non lo sapevano nemmeno i fratelli Lumière che nel 1895, al Grand Cafè di Parigi, proiettarono, non senza perplessità, il primo vero e proprio film della storia. L’era della televisione era appena cominciata e negli anni successivi si impose come principale mezzo di comunicazione e intrattenimento. Con Georges Méliès (1861-1938) nacque lo spettacolo cinematografico. Méliès, dopo essersi costruito con le proprie mani una macchina da ripresa, fondò una casa cinematografica; la Star Film, il suo motto: “Il mondo a portata di mano”! Diede sfogo alla sua creatività ricostruendo gli avvenimenti in un capannone allestito per le riprese dando vita alle fiabe di Cappuccetto Rosso e Cenerentola, a racconti di terrore, fino a rappresentazione di fantascienza con “Il viaggio della Luna” (1902) ispirato al romanzo di Jules Verne “Dalla terra alla Luna”. Nel 1986, incaricato dai fratelli Lumière, Fèlix Mesguich, si imbarcò per gli Stati Uniti; quest’ultimo, non avrebbe mai immaginato il grande successo che il cinema avrebbe riscosso in quel paese. Intanto alcune società americane fiutarono l’affare e in poco tempo, sul mercato, furono lanciati nuovissimi apparecchi per le riprese cinematografiche. Nacquero i “Nickelodeon”, sale cinematografiche il cui ingresso costava un nickel. Il cinema richiamò l’attenzione di grandi personaggi i cui nomi divennero celebri in tutto il mondo (Zukor, W.Fox, S.Goldwyn, I Warner). Furono questi i fondatori delle grandi case di produzione alcune delle quali attive ancora oggi. Zukor, ungherese, aveva fatto il pugile, il tappezziere e il pellicciaio prima di fondare una propria casa cinematografica la Famous Players che pochi anni dopo sarebbe diventata la “Paramount”. Fox, nel 1925 fondò la 20th Century Fox e S. Goldwyn, nel 1917 fondò la Picture Corporation che diventerà “Metro - Goldwyn – Mayer”. Da una troupe inviata per caso dal produttore Selig in California per girare alcuni esterni di un fim, fu scoperta Hollywood. Il regista e gli operatori si fermarono in un piccolo villaggio vicino a Los Angeles, nessuno di loro, avrebbe mai immaginato che quel “bosco di agrifoglio” (traduzione italiana di Hollywood) sarebbe diventato il fulcro più importante del cinema mondiale.Il successo del Cinema fu travolgente tanto negli Stati Uniti quanto in Francia, tra il 1895 e il 1900, furono depositati da americani e francesi oltre 200 brevetti di apparecchi. Nel 1909, il Congresso Internazionale dei produttori e dei Distributori, adottò l’uso della pellicola da 35 mm (brevettata da Edison). L’anno 1929 vide nascere il premio Oscar, la celebre statuetta dorata che da quell’anno viene attribuita ai migliori rappresentanti del cinema.Furono molti i registi che si susseguirono dietro la macchina da presa nel corso degli anni a venire,: Elia Kazan, Akira Kurosawa, Orson Welles, Ingmar Bergman, Federico Fellini (per citarne alcuni).Alcuni di loro si specializzarono in determinati generi, tanto che il pubblico si abituò a identificare il genere di film dal nome del regista e da quello degli interpreti. Un po’ come accade oggi, quando alle soglie del terzo millennio, grazie all’uso di effetti speciali o particolari inquadrature, siamo capaci di riconoscere il ritmo serrato delle immagini forti di Ridley Scott, autore di celebri film, o Steven Spilberg attraverso le scene assolutamente fantastiche e irreali. Il cinema, di recente, si libera della commedia all’italiana e degli Eroi invincibili e presenta riprese in chiave fantascientifica atmosfere da film dell’orrore, accanto ad un sempre maggiore sviluppo dell’intelligenza artificiale e di macchine che sfuggono al controllo umano o in alcuni casi si sostituiscono ed esso.Registrata in formato digitale la realtà filmata e si libera del legame con il cinema tradizionale. Il computer non distingue tra immagini ottenute fotograficamente e quelle create da un programma di disegno o di animazione in 3D; per un computer le immagini sono tutte uguali, perché sono costruite con lo stesso materiale :il pixel. I Pixel si prestano ad essere facilmente alterati, sostituiti e scambiati. In questo modo la ripresa diretta viene degradata al livello di una qualsiasi soluzione grafica, identica alle altre immagini create manualmente. Il cinema oggi ha ottenuto la plasticità che fino a poco tempo fa era solo della pittura e dell’animazione. I registi digitali lavorano con una "realtà elastica". Si ricordi la sequenza d’apertura di Forest Gump (Robert Zemeckis, Paramount Pictures, 1994, effetti speciali della Industrial Light and Magic) insegue il lungo volo di una piuma.La vera piuma, filmata in varie posizioni su uno sfondo blu è stata animata e sovrapposta su una sequenza paesaggistica. Sembra che qualcosa di impossibile ad un tratto trovi vita grazie ad effetti speciali e le immagini non sono più una dozzina, come accadeva nel diciannovesimo secolo ma infiniti fotogrammi, e sembra altrettanto impossibile che le mani, dagli Ominidi all'Uomo, si sono adeguate gradualmente a diverse e insospettabili attività rispetto a quelle originarie.

http://www.teramani.net/public/post/comunicando-168.asp#more

domenica 14 giugno 2009

Il Calabrone

Nuovo interessante numero del “Calabrone”

È uscito, in tempo per essere consegnato agli alunni prima della chiusura delle scuole, il terzo dell’anno scolastico 2008/2009 del “Calabrone”, il giornalino scolastico dell’Istituto Tecnico Industriale “Enrico Mattei” di Isernia, che si è fatto notare anche al di fuori dell’Istituto per la bella impostazione grafica e soprattutto per i contenuti di notevole interesse. Non è un caso che sia stato premiato per il secondo ano consecutivo nel concorso “Fare il giornale nelle scuole” indetto dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti e dal Comune di Benevento.
In questo nuovo numero, 32 pagine, molti interessanti articoli. Citiamo qualche titolo: “L’Università: scelta di vita”, “Che cos’è un terremoto”, “La Protezione Civile”, “Tesla, il Genio che inventò il XX secolo”, “Cassino accoglie il 76° Congresso di Esperanto”, “Facebook, un social network per mille nuove riflessioni”, “Energie rinnovabili”. E poi vecchie e nuove rubriche, come “Notate le note”, “Proverbi aggiornati”, ecc.
Chi volesse avere copia del nuovo numero del “Calabrone” può chiederla a scuola. Per ricevere copia in formato pdf: edizionieva@libero.it.

Qui di seguito, riportiamo, dal “Calabrone” un’intervista di Nadia Turriziani allo scrittore Amerigo Iannacone e la rubrica “Notate le note”.


Intervista ad Amerigo Iannacone
«Scrivere è creare dal nulla»

D.: Per lei cosa significa scrivere?
R.: Potrei tentare una definizione del tipo: scrivere è realizzarsi. Ma in realtà normalmente non ci si chiede perché si scrive. Io scrivevo le mie prime poesie già quando frequentavo la scuola elementare né allora pensavo, ovviamente, che avrei pubblicato. Era, ed è, in qualche modo un’esigenza. Potrei anche dire che scrivere è creare dal nulla, cosí come ci dice l’etimologia della parola poesia, che deriva appunto da un verbo greco che significa “creare”.
D.: Quali sono i suoi libri del cuore?
R.: Ne sono molti. Uno – può sembrare banale – è la raccolta dei Canti di Leopardi. Poi metterei i Racconti di Edgar Alla Poe, Delitto e castigo di Dostoevski e molti altri classici dell’Ottocento, soprattutto i russi e i francesi. Piú vicini a noi, molti dei poeti del Novecento: in particolare Sinisgalli, Cardarelli e Quasimodo. Tra i romanzi Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa e Il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati.
D.: Il libro piú bello che ha letto negli ultimi tre anni?
R.: Dovrei ripercorre un po’ le letture che ho fatto e mi è difficile ricordarle e ancor piú fare una graduatoria. Mi viene in mente un libro che mi ha colpito molto: Quattro mele annurche, un romanzo breve di Maria Rosaria Valentini, giovane scrittrice e poetessa originaria di San Biagio Saracinisco e residente in Svizzera. È un nome già abbastanza noto, ma credo che si sentirà molto in futuro negli ambienti letterari.
Tra il libri di poesia un bel libro che ho letto di recente è L’orto del poeta ciociaro Gerardo Vacana.
D.: Qual è il rapporto con la sua regione e con la sua terra?
R.: Credo che ognuno di noi paghi lo scotto, nel bene e nel male, alla propria terra. Ed è inevitabile che per uno come me, che mi sono allontanato piuttosto raramente dalla mia regione, si finisca per instaurare con essa un rapporto di amore-odio. Odio per le cose che vanno male e si vorrebbero cambiare, ma si è impotenti a farlo. L’amore non si spiega perché. Ma forse ci si affeziona alle cose che ogni giorno si vedono, le montagne, le strade, le case, gli alberi, e forse anche certe fisionomie finiscono per radicarsi nella nostra memoria.
D.: Il suo rapporto con la città?
R.: Se intende la città in cui abito, devo dire che in realtà il posto è un piccolo paese e il rapporto è lo stesso che ho con la mia minuscola regione: dovrei dire le stesse cose che ho detto per la mia terra.
Se intende invece parlare della città in generale, devo dire che non mi dispiace frequentare di tanto in tanto la città per tutto quello che può offrire, e non solo come servizi e come commercio, ma anche per la vita culturale e per gli incontri proficui che si possono fare.
Ma non credo mi piacerebbe vivere stabilmente in una grande città: troppo dispersiva, troppo confusa, troppo distratta, troppo anonima.
D.: Come è arrivato alla pubblicazione del suo lavoro?
R.: Ci sarebbe da fare un discorso molto lungo sull’editoria e sulle scelte editoriali degli editori grandi o medio-grandi, che puntano esclusivamente alla prospettive di vendita e non alla qualità.
Ma io, come Lei credo sappia, gestisco una piccola casa editrice e i libri li pubblico da me.
D’altra parte per pubblicare il mio primo libro, una raccolta di poesie intitolata Pensieri della sera, uscita nel 1980, ho semplicemente preso un manoscritto e l’ho portato in tipografia.
D.: Ha frequentato corsi di scrittura creativa?
R.: No, non li ho frequentati, ma insieme a qualche collega, in un paio di occasioni abbiamo tenuto un corso con gli alunni e i risultati sono stati incoraggianti. Alcuni ragazzi hanno cominciato a scrivere in quell’occasione e poi hanno continuato. Di un seminario fatto a Caiazzo, in provincia di Caserta, è stato pubblicato un interessante volume, La scrittura creativa, con gli interventi nostri e con gli elaborati degli studenti.
D.: Ritiene siano utili?
R.: Premetto che se non c’è il talento innato, non c’è corso di scrittura che tenga. Tuttavia direi che i corsi possono essere senz’altro utili, perché hanno una funzione maieutica. Possono cioè aiutare a prendere coscienza delle proprie capacità.
D.: Quale ritiene sia l’aspetto piú complesso della scrittura narrativa?
R.: Non parlerei di aspetti complessi, piuttosto della ricerca delle idee e della loro realizzazione in una scrittura che risulti stilisticamente accattivante.
D.: Come scrive: a penna o al computer? Di giorno o di notte? Segue “riti” particolari?
R.: Del computer, volenti o nolenti, non si può fare a meno. Quando sono a casa, scrivo – già da alcuni anni – direttamente al computer, perché è comodo: si può cancellare, riscrivere, riprendere, ecc., e poi si ha già il testo pronto per la tipografia, per il giornale o per inviarlo per posta elettronica. Comunque non disdegno la penna, soprattutto quando sono fuori casa, in viaggio o altrove. Ho sempre con me piú di una penna e spesso mi ritrovo le tasche piene di biglietti con appunti.
Niente riti, ma in genere di notte lavoro meglio, perché non ci sono distrazioni: non c’è il telefono che suona, non c’è chi bussa alla porta, non c’è la tentazione di interrompere per uscire o dedicarsi ad altro.
D.: Come è nata l’idea di scrivere il suo ultimo libro?
R.: Il mio ultimo libro, Il Paese a rovescio e altre fiabe, è nato come un divertissement, o meglio, come dei divertissement, visto che i testi sono stati scritti nel corso di diversi anni e solo ora raccolti in volume. È stato comunque preso sul serio e apprezzato dai critici, non solo, o non tanto, per la vena umoristica, ma anche per l’ironia, per la garbata satira e per un intento didascalico che si può spesso trovare fra le righe e che non appesantisce. Forse non è bello che parli io in questi termini del mio libro, ma in realtà sto riportando il senso di alcuni interventi di critici e di lettori.
D.: Preferisce cimentarsi col racconto o nelle poesie?
R.: “Preferire” forse non è il verbo giusto. Dipende dai momenti. Diciamo che alterno. Comunque la scrittura poetica, indipendentemente dal valore che la mia poesia può avere, mi gratifica di piú. Dopo avere scritto una poesia mi sento come appagato e sereno. Devo dire però che una mia lettrice ebbe a dire una volta che i miei racconti sono come delle “poesie espanse” (si riferiva al mio libro Microracconti del 1991), cosa che mi fece piacere, e che mi fece pensare. E in realtà non c’è una cesura netta tra i racconti e le poesie, come invece ci potrebbe essere tra una poesia e un articolo di cronaca (perché io ho fatto anche il cronista).
D.: Ci dà una definizione dell’uno e dell’altro?
R.: Questo è davvero difficile. Se prova a leggere la definizione della parola “poesia” in dieci diversi vocabolari, troverà dieci definizioni diverse, a volte tra loro contraddittorie, e si accorgerà che nessuna la soddisferà. Vogliamo provare a dire quello che la poesia non è? Non è un passatempo della domenica, non è un gioco solipsistico, non è uno svago fine a sé stesso, non è un hobby. La poesia è nella natura stessa del poeta. E c’è poesia quando il lettore, leggendo un testo, vi trova un po’ di sé.
Il racconto è una narrazione che abbia un contenuto valido e che sia stilisticamente piacevole.
D.: Come ha scelto il titolo del suo libro piú recente?
R.: È il titolo di una fiaba poi esteso a tutto il libro. Ma il titolo è Il Paese a rovescio, perché nei racconti c’è spesso un rovesciamento della realtà o comunque della visione della realtà, quasi sempre sul filo dell’ironia e anche dell’autoironia.
D.: Ha altri progetti in cantiere?
R.: Sí, ci sono parecchie cose in cantiere, anche se purtroppo, nella frenetica vita che viviamo e che quotidianamente ci costringe a fare cose di cui faremmo volentieri a meno (la coda all’ufficio postale, la seduta dal dentista, le incombenze familiari...) e ci costringe ad essere in posti dove eviteremmo di andare, non sempre si riesce a trovare il tempo e la serenità per dedicarsi alla scrittura.
Tra i lavori che ho avviati, una rassegna dei poeti della mia provincia, un dizionario dei personaggi illustri di Venafro di tutti i tempi, un’antologia della poesia esperanto con traduzione italiana. Cosa che attualmente non c’è: chi non conosce la lingua non ha modo di avvicinarsi alla la produzione poetica in esperanto che pure è rilevante. Ed ho anche diverse altre cose avviate o in programma, che conto di realizzare se avrò vita e forza.

Nadia Turriziani

martedì 19 maggio 2009

S.Melarangelo.A.M. Magno. N. Caserta. Passione e Ideologia

Passione e Ideologia
omaggio a
Frida Kahlo e Tina Modotti
di Carina Spurio

“Le mie sopracciglia sono i neri corvi del malaugurio che volano sopra il campo di grano di Van Gogh” così affermò Frida nel momento in cui creò la propria immagine ideale; un volto con le sopracciglia foltissime e unite, il labbro superiore scurito da una fitta peluria naturale e i capelli intrecciati verso l’alto, con nastri dai colori brillanti, fiocchi, mollette, pettini o fiori di buganvillea, lo sguardo severo, l’espressione pensosa di un’ancestrale dea terrestre. Frida Kahlo la ritroviamo nelle sale dell’elegante Palazzo Cerulli sito in Corso San Giorgio, 1 a Teramo dall’ 8 al 29 maggio 2009. Il Centro di Cultura delle donne “Hannah Arendt”, l’Associzaione Culturale “Collurania” e l’Assoziazione Logos Immagine dedicano “Passione e Ideologia” - dall’arte precolombiana alla rivoluzione messicana - a Frida Kahlo e Tina Modotti impresse nelle opere degli artisti Noemi Caserta, Anna M.Magno e Sandro Melarangelo. Musiche a cura di Enrico Borgatti. Venerdì 22 maggio, alle ore 18, la opere degli artisti saranno presentate dalla critica Anna Maria Cirillo. La serata dedicata all’arte si concluderà con la proiezione del Film “Frida”.

venerdì 15 maggio 2009

Calco.Monica Maggi.


Calco

Monica Maggi. LietoColle.

di Carina Spurio
Di poesia che costruisco/amore/so spiegati poco./ …trasformo in mongolfiere i pensieri./ Volo./ Sì, è vero. Io volo./

Sono molte e tutte impalpabili le dimensioni della poesia; sensazioni consapevoli e inconsapevoli che il poeta imprime sul foglio bianco che accoglie tracce di presenze. La parola di fronte al mistero del mondo risuona in tutta la sua inadeguatezza e riproduce la realtà in tutta la sua attinenza, nel quadro personalissimo di un verso in cui si colorano i ricordi. Così, le parole cadono come gocce d’acqua indissolubili e scorrono inevitabili una dopo l’altra.
Io scrivo./Impasto il rigurgito/ di queste scaglie/ frammenti calati a picco/ innestati nell’anima./
Scrivere, consapevoli della disarmonia del mondo e imprimere in pochi versi immagini intensissime che rimandano altre parti di noi in quelle stesse parole che furono fonte di ispirazione. Scrivere oltre noi, raggiungendo lo spazio che prima non c’era per trapassare l’ignoto e fermarsi davanti al montaliano “malchiuso portone” giusto il tempo di intravedere tra gli alberi di una corte, i gialli dei limoni. E godere della luce della verità dallo spiraglio, malgrado le parole dei poeti siano come i fantasmi; non si possono afferrare, non appartengono a nessuno. Eppure un cuore batte senza tregua negli attimi irripetibili in viaggio sulle ali di un verso, così come nel tempo. Quel tempo che dentro di noi ci trasforma senza chiedere, e ci fa saltare i passi necessari se rincorriamo impossibili progetti e chimere in seduzione rapida. Il tempo immemore dei ricordi/ della storia di noi/ della memoria di noi./ Nel presente restano le mani che scivolano sull’inquieto passo, “che si muovono, e non sanno di farlo”, tra voglie rincorse, un respiro e un gemito appena sussurrato, nell’attimo lento che innalza la voglia. E la poesia, scrive Monica, è bastarda: ricorda, tutto, implacabilmente. In Calco si possono scorrere versi intrisi del senso tempo che l’attesa esasperante scioglie, nel momento in cui la materia si fonde nei di gesti. Monica ne è consapevole e canta: Poi/ per averti snocciolo il tempo/ paziente come amanuense lontano/ ti stringo/ aspettando che il mio corpo si sazi./ Inizia la lotta. L’antico gioco-forza, l’incontro con l’altro che per un attimo illumina la nostra vita (nel bene e nel male). Dentro il nostro tempo, quell’attimo diventa eterno, ed è amore. L’amore strappa da uno stato quiete, trasforma, proietta in un vortice eccitante. E’ fatale lo strappo in nome del possesso, di conseguenza lacerarci e lacerare. Dove ho sbagliato?/ Magico momento del mattino/ insudicio di sperma/irreale. L’amore- passione annienta nello stesso istante in cui trionfa; si imprime come un calco sulla pelle e Monica Maggi trattiene il brivido sulla carta, nonostante tutto. L’intera esistenza è fatta di coincidenze dalle quali prendiamo energia. Dove vai? Mi dico/ saltando le scale con il fiato in gola./ Ad amare, vado./ Ad annusare un respiro./ A riprendere e lasciar andare./ La voce della coscienza intima di togliere l’ancora, e salpare, per spingersi al largo, toccare altre terre e inventare ancora l’altro, alla ricerca di un pretesto necessario alla rotta della passione. Non c’è risposta al potere di fascinazione dell’altro che nel momento in cui si pone di fronte a noi, ci proietta in un incantesimo. Il pregio del linguaggio poetico è il suo attingere alle immagini dell’anima e rendere muta la coscienza, per dare voce alle dimensioni interiori, al desiderio. Distesa sopra il tuo corpo/come un segugio percorre/periferie immaginarie/pieghe speziate/ gorghi turbinosi./ Ciò che il desiderio consuma e distrugge inesorabilmente la poesia cura, allevia e solleva, integrando gli aspetti contraddittori dell’essere e lasciando l’impronta profumata e calda, imbevuta di qualcosa che giace dentro di noi, in un respiro, più dentro. Un segno indelebile oltre i confini del conscio e del finito che alcuni chiamano fato.

giovedì 14 maggio 2009

Tra l'universo e il mare. Gianpaolo Altamura. Evoè Edizioni


di Carina Spurio
"Nella fissazione della parola lasciata in completa autonomia, l’autore indirizza il suo linguaggio all’immaginazione, all’interno di una scena imbalsamata che resta nel tempo in quanto forma, contro l’istante e il rumore, tra linguaggi evocati e sensi carichi di immediatezza che solo la poesia sa cogliere. Gianpaolo Altamura sa che nella parola è contenuto un messaggio, il quale, lo aiuta ad alleviare un peso, ma trema ugualmente nel profondo del suo essere con tutta la malinconia del suo canto quando la poesia gli parla dentro e il suo sguardo si posa su un volto, nel cielo, nel mare. Quel fragile suono entra nel quotidiano e vi resta, tra le assenze incolmabili e i ricordi struggenti che si depositano all’interno degli umori, incatenato al concetto di amore come unica salvezza del mondo in una poetica che vuole conservare la ricchezza dei sensi per continuare l’esplorazione della vita. Se così non fosse, non si potrebbe ascoltare il suono della memoria vissuta nella parola nera che batte sul palato e scioglie il nodo stretto del pathos rompendo il silenzio. Nulla è casuale mentre si fissano i frammenti della vita nelle parole, ogni piccola parte segue una logica e si inserisce come una tessera nel magico mosaico dell’esistenza. Tuffandosi nell’oscuro abisso interiore Gianpaolo Altamura ritorna alle origini, nel bianco flutto ritrova l’insoluto e lascia le orme della testimonianza sulla spiaggia seppur ancorato alla terra come riflesso tra le righe di un verso famoso di Eugenio Montale: “Ti guardiamo noi, della razza di chi rimane a terra."
Tra l’universo e il mare
Gianpaolo Altamura
Evoè Edizioni
23 maggio 2009 ore, 18.00
Sala Polifunzionale della Provincia
Via Comi n° 11
Teramo

mercoledì 13 maggio 2009

Teramo. Carina Spurio

“Poesia”
Mensile internazionale di cultura poetica.
Poesia è un mensile di poesia in edicola da vent’anni. Lo diffonde la casa editrice Crocetti . Il mensile è nato nel 1988 ed è il primo periodico a diffusione nazionale nella storia della nostra penisola, distribuito in tutte le edicole. E’ un atto di coraggio essere pionieri dedicandosi alla cultura poetica priva sul mercato di qualsiasi tipo di finanziamento. Dopo 20 anni, la rivista “Poesia” ha una tiratura costante, 20.000 copie. Del comitato di redazione di "Poesia" fanno parte Premi Nobel per la Letteratura, oltre a poeti di fama nazionale e internazionale, tra cui Joseph Brodsky, Derek Walcott, Seamus Heaney, Yves Bonnefoy, Tony Harrison. Nel numero 238 di maggio 2009 all’interno della rubrica “Testi dei lettori” la redazione ha selezionato e pubblicato “Montagna Madre” opera della poetessa teramana Carina Spurio.

lunedì 27 aprile 2009

Retroguardie Limina Mentis Editore


Titolo : Retroguardie Limina Mentis Editore
Autore : antologia di poetica a cura di I. Pozzoni Dati : 2009, 220 p.
Collana : Ardeur
Genere : Poesia
ISBN : 978-88-95881-06-5
€ 15,00


di Carina Spurio

Ad Aprile 2009, con l'editore brianzolo Limina Mentis Editore è uscito il volume Retroguardie. Antologia Poetica a cura di I.Pozzoni. Il testo, curato nei minimi dettagli, deriva da un lavoro di competenza che si ispira ai possibili modi di fare poesia con l’intento di avvicinarsi alla poesia nelle sue varie forme. L’antologia offre un panorama poetico di fine Novecento; secolo diventato l’espressione dell’instabilità dei contenuti linguistici del parlato. Nel frantumato panorama del Novecento da una parte resiste la lirica pura di antichi autori intransigenti, dall’altra, nasce una poetica più intimista e autobiografica che si inserisce tra diari e memorie. Tutte le correnti e le avanguardie del Novecento, partono dalla poetica dell’inespresso, del silenzio, tanto quanto la corrente contraria colma il vuoto con frasi che abbandonano man mano il verso per arrivare a componimenti prosastici. La poesia novecentesca si oppone all’eredità simbolista insieme agli autori che rappresentano tutto il secolo: Jahier, Baccelli; Pavese, Bertolucci. La poesia in prosa con versi lunghi e liberi fu già di Riccardo Baccelli per arrivare al massimo della comprensione di cui si era occupato Saba, con i suoi contenuti dimessi e familiari in veste umile e desublimata. Nel secondo Novecento, l’evoluzione dello stile prosastico si trova in polemica con la linea ermetica e ungarettiana. Alla poesia discorsiva (Solmi e Luzi) si avvicinano giovani autori: Sereni, Fortini, Zanzotto e Sanguineti. Il verso breve del segno poetico sembra annientarsi nel quotidiano che si imprime nel verso lungo e rispetta il suono del parlato, il quale, segue un veloce itinerario e varie evoluzioni nella creazione poetica novecentesca, la quale, assume i tratti dello stile narrativo. Lo stesso Montale, nella sua seconda produzione celebra un verso che non disdegna la prosa. In Retroguardie troviamo tutti i modi possibili di fare poesia di fine Novecento, non a caso, l’antologia poetica si pone come strumento atto a testimoniare il rinnovamento della poesia, per ridare un senso alla stessa raggruppando residui tardoromantici, liriche in cui si celebrano il languore sentimentale, l’astrattezza verbale e un descrittivismo che con termini semplici offre uno scenario quotidiano. Retroguardie! Perché?

Perché Retroguardie? L’’esaltazione del testo-documento, senza nome e senza mercato, rafforzata da relazioni di solidarietà tra editore, curatori ed autori, è estremo antidoto contro i veleni del Post-modernismo e della «morte della cultura» registrati dall’oscillazione schizofrenica moderna tra narcisismi e massificazione. Più che Achille sulla strada d’Ilio (thumos) o Odisseo vittorioso sulla strada del ritorno a casa (logos) ci sentiamo, e interpretiamo l’esperienza poetica attuale, nei panni d’un anonimo Senofonte («emetto suoni stranieri»), sconfitti, in marcia coi diecimila sulla strada dell’Ellade, decisi a resistere contro assalti e imboscate, dopo Cunassa; la nostra sorte - menestrelli combattenti del terzo millennio- è resistere, vinti, in ritirata verso casa. E si sa che valore acquisisca, in ritirata, una buona retroguardia. Ivan Pozzoni

Gli autori inclusi: Umberto Piersanti, Antonio Spagnuolo, Roberto Cogo, Elisabetta Abbondanza, Giovanni Caviezel, Luciana Chitterio, Oretta Dalle Ore, Edoardo Greco, Alessandro Ramberti, Gilberto Antonioli, Andrea Lanfranchi, Gilberto Paraschiva, Luigi Golinelli, Chiara Daino, Carina Spurio, Paolo Ottaviani, Anna Pignatta, Francesca Sensini, Paolo Melandri, Vittorio Baccelli, Antonio Di Giovanni, Paride Mercurio, Eleonora Bellini, Maria Pina Ciancio, Rossella Luongo, Anita T. Giuga, Gabriella Bianchi, Anna De Rosa, Ivan Pozzoni.

mercoledì 22 aprile 2009

Alchimie di Danilo Scastiglia


"Abbandonarsi tra le braccia di eros vuol dire cancellare precedenti punti di riferimento, procedere verso l’unità corpo – anima, per entrare in quell’eternità che Danilo Scastiglia, giovane autore teatino, ben descrive in questa prima raccolta di brevi racconti dal titolo Alchimie in cui tratteggia trame fatte di passione. "
"Nel flusso inarrestabile degli avvenimenti la vita ci meraviglia servendosi delle leggi del corpo, all’interno delle quali nulla ha valore di durata, perché racchiudono entrambi i poli della dicotomia ben-male nell’attimo in cui la folgorazione ha le dimensioni dell’eterno. Alchimie ricorda “Le affinità elettive”, il romanzo di Goethe famoso per l’allegoria chimica che presta le sue sottilissime disgiunzioni e congiunzioni alle sue arbitrarie combinazioni di elementi e riconduce per similitudine alle leggi che regolano i rapporti umani. La materia, in questo caso, sfida le convenzioni classiche, lasciando l’uomo di fronte ai suoi principi. Questo drammatico conflitto è espresso nella lezione di chimica in cui il capitano descrive a Charlotte il percorso del terzo elemento a contatto con le sostanze che si afferrano e si lasciano andare, dotandolo di una sorta di volontà e libero arbitrio, fatale alla fisica dei corpi. Ne è un esempio il matrimonio di Eduard e Charlotte che viene messo in crisi dall’arrivo del capitano e di Ottilie in cui gli eventi elaborano la materia generando nuove sintonie, una delle quali, rispetta la legge dell’attrazione umana che è l’eros, il quale, laddove unisce, poco prima allontana, confermando il suo intento naturale. E sul contrasto eros-tempo, natura-istituzioni Goethe conclude: “Mentre la vita ci trascina, crediamo di agire da noi stessi, di scegliere noi la nostra attività e i nostri piaceri, ma naturalmente, a ben guardare, siamo solo costretti a seguire i piani e le inclinazioni del tempo.”
(dalla prefazione)

Alchimie Edizioni Simple
In Copertina Federico Altamura “Le amiche”
Prefazione Carina Spurio
Presentazione Massimo Avenali
Editor Carina Spurio

sabato 18 aprile 2009

Brochure 2009 di Carina Spurio

"Courtesy Galleria Piziarte"
"Touch Black (Isabelle Adjani)" , acrilico su tela, 50 X 50 cm, 2006.

di Gavino Ganau

Brochure 2009

Carina Spurio è nata a Teramo. Si è diplomata all’Istituto Magistrale Giannina Milli di Teramo. Ha scritto e pubblicato quattro raccolte poetiche: Il Sapore dell’estasi 2005 Edizioni Kimerik riproposto in edizione aggiornata nel 2006, Lacca di Garanza 2007 Ed. Il filo s.r.l Roma. Tra Morfeo e vecchi miti 2008 Ed. Nicola Calabria Editore. Le sue poesie sono state pubblicate in 30 Antologie Poetiche. Due sue Antologie Poetiche sono testo scolastico: Antologia “I Nuovi Poeti Italiani”. 2007, Vincenzo Grasso Editore e “Conoscere la Metrica” attraverso i Poeti Classici Contemporanei. 2008, Vincenzo Grasso Editore. Di recente redatto la premessa del testo poetico “Silenziosi frutti” di Stefania Pierini, edito dall’Accademia della Fonte Meravigliosa di Roma. Collabora con diversi mensili; Hermes Periodico Mensile Di Informazione e Cultura, Domus Periodico Di informazione Immobiliare, Buono e Bello tracciati di cultura, tradizione e società, Eidos Diario rosetano, Notizie Donna Editoriale della Provincia di Teramo, L’Unico quotidiano web di Roma, Il ReteGiornale, Teramani.net .
Dal suo esordio, avvenuto alla Villa Suite di Teramo nell’agosto 2005, la sua produzione letteraria vanta più di 30 testi editi. “Carina Spurio torna con un’antologia curata personalmente dal titolo Narciso dopo aver emozionato il pubblico italiano e straniero (basti pensare al successo di Lacca di garanza – ed Il Filo – nelle librerie francesi). I suoi versi, di una musicalità unica, cantano il microcosmo delle percezioni e coinvolgono il lettore come solo la lingua dei veri poeti sa fare. Evocazione ed immedesimazione si fondono grazie alla forza emozionale di una voce che può considerarsi a buon diritto una delle più nuove delle letteratura.” Collana Evoé Voci.

Gavino Ganau

Nato a Tempio Pausania nel 1966, vive e lavora a Sassari.
Ha lavorato con diversi critici italiani (Claudia Colasanti, Luca Beatrice, Gianluca Marziani, Maurizio Sciaccaluga, Valerio Dehò e altri).
Ha collaborato con Gallerie di Milano, Roma, Genova, Vicenza, Bologna, Udine, Teramo e altre città.
La sua pittura neofigurativa, in bianco e nero e dal forte impatto visivo, è stata alimentata attraverso il confronto con i linguaggi massmediali e le icone popolari della contemporaneità.
http://www.gavinoganau.com/

domenica 29 marzo 2009

Carina Spurio di Barbara Cemini

Buono e Bello
Marzo2009
Mensile di Cultura, Tradizione e Società

“Narciso”
Carina Spurio
di Barbara Cemini

L’autrice, teramana di origine, ha pubblicato varie raccolte poetiche: “Il sapore dell’estasi” (Kimerik, 2005), “Il sapore dell’estasi”, in riedizione aggiornata (Kimerik, 2006), “Lacca di garanza” (Il filo, 2007), “Tra Morfeo e vecchi miti” (Nicola Calabria Editore, 2008), “Narciso” (Evoè, 2009). Trenta le antologie poetiche che in tutto contengono sue opere. Di recente ha redatto la premessa di “Silenziosi frutti” di Stefania Pierini, edito dall’Accademia della Fonte meravigliosa. Collabora con diversi mensili: Hermes, Domus, Eidos, Notizie Donna, L’unico; Il ReteGiornale.

Cosa racconti in "Narciso"?

Narciso è un’antologia poetica che contiene liriche autobiografiche selezionate dai miei precedenti quattro libri di versi pubblicati nel seguente triennio: 2005 / 2008. Il testo, nel globale, non presenta grandi novità dal punto di vista contenutistico. Sei liriche sono inedite tra le quali si trova appunto la poesia “Narciso” dalla quale prende il nome la raccolta. Si tratta del mio quinto testo poetico edito in cui si può leggere la mia folgorazione per la poesia che continuo a diffondere energicamente costruendo metri imbevuti di sensi, desiderio, radici mai dimenticate e le solite domande di tutta una vita; per dimostrare che noi poeti ci siamo e non siamo sempre persi nel compiacimento del non essere compresi.

Perché questo titolo?

La selezione delle opere pubblicate nei miei libri precedenti è partita dalla dimensione originaria della mia vocazione per arrivare ad afferrare l’autofondazione narcisistica del mio io-dialogante riflesso nei miei sensi, nelle mie illusioni e in tutto ciò che mi innamorava, mi esaltava, mi spaventava. Per questo ho curato personalmente la bozza di Narciso, per scegliere tra 250 liriche edite quei versi in cui pulsava il mio pensiero strettamente correlato al mio essere e senza isolare i sentimenti. Narciso si specchia da secoli nel mito e nella sua immagine, tra limpide acque e silenziose nostalgie, rapito dal suo mistero; proprio come ho fatto io stessa cercando all’interno della mia produzione poetica la mia essenza. Di conseguenza l’immagine di copertina realizzata da Giampiero Pierini, acquerellista romano è un ritratto, il mio.

Come definiresti la tua scrittura? A chi è rivolta?

Creativa. La mia scritture è rivolta ad un pubblico sveglio che comprenda i dolori che restano ignoti al mondo, uno fra questi è il dolore del poeta simile ad un rovello avvilente, compulsivo.

Quali nuovi progetti stai realizzando?

Realizzerò la prefazione al testo poetico “Tra l’universo e il mare” Evoè Edizioni, di Gianpaolo Altamura, giovane poeta campano residente da pochi anni a Teramo che ha raccolto nella sua opera prima un precoce versare imbevuto di un’insolita varietà di modulazioni. Un altro progetto mi vede impegnata come editor di un romanzo composto da cinque brevi racconti dal titolo “Alchimie”, di Danilo Scastiglia; il testo avrà la mia prefazione e quella di Massimo Avenali.

Carina Spurio è nata a Teramo. Si è diplomata all’Istituto Magistrale Giannina Milli di Teramo. Ha scritto e pubblicato quattro raccolte poetiche: Il Sapore dell’estasi 2005 Edizioni Kimerik riproposto in edizione aggiornata nel 2006, Lacca di Garanza 2007 Ed. Il filo s.r.l Roma. Tra Morfeo e vecchi miti 2008 Ed. Nicola Calabria Editore. Le sue poesie sono state pubblicate in 30 Antologie Poetiche. Due sue Antologie Poetiche sono testo scolastico: Antologia “I Nuovi Poeti Italiani”. 2007, Vincenzo Grasso Editore e “Conoscere la Metrica” attraverso i Poeti Classici Contemporanei. 2008, Vincenzo Grasso Editore. Di recente redatto la premessa del testo poetico “Silenziosi frutti” di Stefania Pierini, edito dall’Accademia della Fonte Meravigliosa di Roma. Collabora con diversi mensili; Hermes Periodico Mensile Di Informazione e Cultura, Domus Periodico Di informazione Immobiliare, Eidos Diario rosetano, Notizie Donna Editoriale della Provincia di Teramo, L’Unico quotidiano web di Roma, Il ReteGiornale.

martedì 24 febbraio 2009

Carina Spurio di Asteria Casadio

Carina, qual’ è stato il tuo approccio alla scrittura?

Direi per fascinazione. Ho sempre pensato che scrivere fosse un gesto affascinante. Ho amato spiare la mia penna muoversi nel bianco tra un tratto continuo e uno spezzato. Nello stesso bianco, senza più spazio, vedere riempirsi quel vuoto e in quel vuoto la penna insistere. Della mia adolescenza ricordo agende piene di appunti e fogli con minuscole annotazioni sparsi ovunque. Lasciare i pensieri liberi, nell’unico gesto che mi rendeva trasparente e preda di quella tentazione che non mi annullava ma mi ispirava, credo fosse il mio modo di ascoltarmi


Scrittura come straniamento e presa di coscienza o urgenza ed istinto?

Alcune volte la scrittura è stata urgenza, altre, istinto. Credo che la scrittura sia multiforme, non può ridursi ad una dimensione che sia sensazione, piacere, dolore o notizia ma andare oltre il limite del tempo.


Hai già pubblicato diversi libri e ottenuto un buon successo non solo a livello nazionale. Cos’è necessario, secondo te, per scrivere? Che posto occupa la lettura in questo processo?

Non so se sia necessario leggere per scrivere bene o frequentare laboratori di scrittura se non si è catturati dall’ispirazione che toglie il respiro e fa dannare. Con questo voglio affermare che se c’è il talento, la forza nel comunicare può essere magica, quella stessa forza, differenzia lo scrittore da colui che scrive. Il primo lo fa per predisposizione mentre l’altro mette in fila parole che possono essere sterili. Leggere è importante per confrontarsi con qualcos’altro, conoscere mondi diversi, ma è altrettanto importante per avere una padronanza della sintassi e della punteggiatura, affinché un contenuto scorrevole e perfetto nella forma possa avere un suo fascino. Ritengo sia molto utile spaziare nei vari generi senza trascurare lo stile personale. Ognuno di noi ha un libro preferito, quello che ha modificato alcune visioni o convinzioni precedenti o quello che ha contribuito ad arricchire il proprio lessico. Ricordo che da bambina mi angosciavano alcuni racconti del libro Cuore di Edmondo De Amicis, al contrario, fu una rivelazione leggere Il piccolo principe di Antoine de Saint_Exupéry; un libro divenuto ormai senza tempo e senza età tra il senso della vita, l’amore e l’amicizia. Mi sentii più grande quando lessi Un Uomo di Oriana Fallaci nel periodo dell’adolescenza, poco dopo, lessi Il Maestro e Margherita di Bulgakov, testo con il quale ai tempi ebbi un impatto troppo forte. Un libro che porto sempre con me è Il Codice dell’anima di James Hillman. Prossimamente mi sono riproposta di rileggere due libri: Narciso e Boccadoro di Herman Hesse e Le affinità elettive di Goethe; un romanzo fantastico in cui la chimica presta le sue congiunzioni e disgiunzioni alla natura umana e chiama “affini” quelle nature che si compenetrano tra l’Eros e lo scorrere del tempo.


Che rapporto hai con la tua città?

Amo Teramo, città incastonata alla confluenza del Vezzola e del Tordino, Via Carducci, l’Istituto Magistrale, Ivan Graziani e la Pizza da Mario. Amo Teramo, con tutti i suoi limiti di città di provincia anche quando diffida dei nuovi talenti e come una donna frigida non sente il piacere.

Quali sono le maggiori differenze che hai potuto riscontrare girando l’Italia nell’approccio alla cultura?

Essendo stata premiata più volte e in molte città italiane, posso affermare che le associazioni culturali ed i comuni che promuovono concorsi di poesia sono numerosissimi. Selezionano e diffondono poeti italiani e non, favorendo sia la diffusione delle opere poetiche, sia le interazioni tra i partecipanti. E’ naturale, quindi, approfondire il rapporto letteratura e poesia che molte volte lega nei progetti futuri autori emergenti e autori affermati. L’interazione culturale diviene in questo modo uno scambio di parole, emozioni, desideri e ricordi; soprattutto, quando i concorsi sono dedicati ai poeti importanti che hanno fatto la storia. Non ho riscontrato grosse differenze nell’approccio alla cultura girando l’Italia. Dopo aver partecipato al concorso di poesia dedicato al Beato Errico a Secondigliano, pensavo che Napoli fosse una città vivacissima a livello culturale, la città vanta anche altri premi poetici prestigiosi, fino a che non ho partecipato alla Terza Edizione del Premio-Concorso Nazionale “Dante Alighieri” di poesia classica italiana in metrica a Padova, anche in quel caso ho visto diffondere e difendere la poesia in metrica con la stessa tenacia. Ogni concorso per me è stato ricco di percorsi possibili soprattutto quando la poesia è stata abbinata a mostre pittoriche come nel caso della prima edizione del Premio Poesie al Mondo 2007 di Belforte del Chienti (Mc), al quale ho partecipato dopo essere stata selezionata. A Belforte, le poesie sono state esposte al Museo Midac accanto alle opere pittoriche di artisti internazionali. Il legame arte e poesia è antico. Il binomio innovativo oggi è molto interessante, perché i versi possono coesistere insieme ad altre forme d’arte; non mi sembra poco in questo tempo i cui si parla della crisi del verso poetico in maniera insistente.


Un desiderio…

Un mio desiderio era realizzare un’Antologia Poetica con una casa Editrice teramana. Narciso era il mio desiderio, ora divenuto realtà.

Un rimpianto…

Non rimpiango nulla, mai! Quando credo in qualcosa tento sempre l’impossibile. Tento e ritento senza tregua, per questo non posso poi rimpiangere nulla. Non basta volere qualcosa senza una ferma intenzione.

Una dedica…

A Pietro Maranella e Alberto Chiarini i miei professori all’Istituto Magistrale Giannina Milli; al primo per il suo cuore grande, al secondo, per avermi insegnato a guardare in alto.